5 Ottobre 2013, PAN di Napoli - guarda i video della premiazione con Andrea Bruciati e le interviste ai vincitori Paola Angelini, Silvia Mariotti, Ryts Monet, Francesco Cagnin e Carlo Fiele. 




Premiazione e Mostra Finale della X edizione del Premio Celeste 2013.
La mostra si è svolta presso il Palazzo delle Arti di Napoli dal 5 ottobre al 13 ottobre 2013.





Paola Angelini
, vincitrice del Premio Celeste 2013, Pittura & Grafica Digitale.
'A guardare il cielo si diventa cielo': la mia ricerca si focalizza sulla scelta precisa di indagare i limiti evidenti e non del mio fare pittorico. La tela è per me uno spazio in cui procedendo per stratificazioni di immagini , si rendono evidenti le falle e le possibilità di ricerca; ogni nuovo dipinto rimane aperto al successivo.
Quello che mi interessa è procedere verso un controllo del linguaggio pittorico, indipendentemente dalla scelta del soggetto, che spesso diviene un pretesto, senza preoccuparmi necessariamente di un controllo totale del concetto insito nel mio lavoro, lavorando invece nel costruire un percorso chiaro di ricerca sui limiti insiti del linguaggio.
Il lavoro “A guardare il cielo si diventa cielo“ è un esempio di questo atteggiamento; è un’opera nata dopo una serie di altri dipinti in cui trattavo per stratificazioni lo stesso soggetto, ripetendolo e svuotandolo di un’aspettativa iniziale, l’immagine ha assunto una sua propria identità, avulsa da quello che è la mia volontà di gestione. Questo è divenuto altra cosa dalla fonte iniziale di studio, dalla mia necessità di veicolare un messaggio preciso e dal mio “saper fare”. Questo è quello che più di ogni altra cosa mi interessa in questo momento: trovare una nuova identità ad un immaginario ricorrente.





Silvia Mariotti, vincitrice del Premio Celeste 2013, Fotografia & Grafica Digitale
'Try n.1 (serie Attempts)': Attempts è una serie, un progetto che muove le proprie radici attraverso il tentativo di palesare un fallimento. Il raggiungimento possibile/impossibile di un obiettivo attraverso un’attività continua di fallimenti, passa anche attraverso una serie infinita di tentativi.
Il fallimento porta necessariamente al controllo, alla difesa, quella stessa difesa che istintivamente ci costringe a proteggerci dietro ad una maschera. La maschera che è finzione, vuole l’abolizione o la sospensione di una propria riconoscibilità; l’assunzione volontaria o imposta di un’identità diversa, non riconoscibile, conferisce al soggetto un’attribuzione casuale e non necessaria di un contesto ma scopre l’estrema difficoltà con la quale ci si muove per sopravvivere.
L’opera in questione, ritrae con un occhio quasi documentaristico ma al confine con il surreale, un momento sospeso nel tempo in cui non vi è traccia della realtà sociale ma che trova le proprie radici in un disagio collettivo.
Il tentativo, disperato o no, viene enfatizzato dal culmine centrale dell’azione in cui il soggetto palesemente occultato è spinto ad un fare decisamente realistico ma dal sapore misterioso, dove lo scenario in cui opera assume un fascino indefinito in quanto spazio anonimo e non riconducibile a nessun contesto specifico. L’atto può quindi perdere d’importanza nel momento in cui si concretizza ma diventa rilevante in una fase transitoria in cui il gesto deve essere ancora compiuto, creando così un carico di tensione maggiore.
Un evento incompiuto quindi, che lascia l’osservatore in sospeso, senza una risposta evidente e in cui l’unico fattore tangibile rimane un frammento della realtà in pieno equilibrio con un’atmosfera quasi metafisica.





Ryts Monet, vincitore del Premio Celeste 2013, Installazione, Scultura & Performance
'Black Flag Revival': l’opera di Ryts Monet è incentrata sulla capacità della musica di parlare di problematiche sociali nel contesto di crisi economica e culturale che investe oggi il Nord-Est italiano ed in particolare il Veneto, in cui si registra il più alto tasso di suicidi tra gli imprenditori in Italia. Il disagio urlato con rabbia dai Black Flag, gruppo hardcore-punk californiano degli anni ‘80, è riattualizzato dall’artista che ha fondato una band di musicisti provenienti dall’area veneta, chiedendo loro di reinterpretare la loro musica, e con essa il proprio malessere, registrandoli in un video e in un vinile. Parallelamente, così come le copertine degli album dei Black Flag rappresentavano in chiave grafica i contenuti dei testi musicali, Ryts Monet ha realizzato la cover dell’album con un lavoro fotografico, creando un’iconografia della realtà veneta degli imprenditori suicidi, di cui l’artista ha ritratto le facciate delle case abbandonate. Oltre ad essere riprodotta sulla cover del vinile, la serie di scatti è mostrata attraverso delle diapositive analogiche che scorrono in loop a fianco ad una bandiera italiana incorniciata e privata dei colori, mentre al lato opposto della stanza una TV a tubo catodico riproduce il video di documentazione della performance della cover band.





Francesco Cagnin , vincitore del Premio del Curatore, Premio Celeste 2013
'CV ': CV è un progetto imponente. Un CV tanto ampio da diventare libro, un libro tanto grande da diventare monumento.
Una sorta di ossario delle esperienze artistiche. Il CV comincia nel 1988, anno della mia nascita.
Per compilarlo copio i CV di tutti gli artisti che riesco a reperire sulla rete, dai siti di gallerie o siti personali.
Un enorme collezione di nomi e avvenimenti artistici, ordinati cronologicamente.
Un libro che tumula il suo contenuto rendendolo impraticabile, in quanto impossibile da leggere.
La traccia della storia degli ultimi venticinque anni che si calcifica e fossilizza.





Carlo Fiele , vincitore del Premio del Pubblico, Premio Celeste 2013
'L'Arca di Noè ': fa parte di un progetto più esteso che prende il nome di "Preludio Biblico", questo nasce dalla necessità e dalla volontà di voler dare nuova chiave di lettura, con una estrema attenzione a quello che è il tema del corpo e della catalogazione di carattere scientifico, a nove passi da me scelti tratti dalle pagine del Pentateuco all'interno dell'Antico Testamento cercando di ricrearne una nuova simbologia.
Partendo dalla lettura della Bibbia, e dunque da un dato specifico di risonanza antropologica con forti ricadute sull'immaginario e sulla psicologia collettiva, sono approdato, tramite astrazione, alla rappresentazione del fatto biblico sganciandomi in parte da questo.
Ho infatti generalizzato all'estremo i concetti e gli eventi in sé facendo diventare i protagonisti di questi passi semplici corpi, anatomie, strutture viscerali; eliminando tutti i possibili rimandi di natura fisiognomica ed astraendoli dalle dimensioni di spazio e tempo. Dunque sono partito da una lettura a carattere particolaristico per approdare poi alla massima generalizzazione ed universalizzazione del dato biblico, facendo sì che potesse esistere una possibile immedesimazione, con delle ricadute non necessariamente socio-culturali, da parte di chi si approcciasse al mio lavoro lasciando però intatti alcuni espliciti richiami ai salienti eventi biblici.
Nello specifico, nella realizzazione de "L'Arca di Noè" mi sono servito di forti richiami a carattere simbolico, anche non diretti ed espliciti, legati alla sfera della sessualità e della riproduzione poichè basilari all'interno dell' intero passo Biblico: lo schema di un processo di scissione mitotica di una cellula e l'osso dei bacini dell'uomo e della donna.
Ho scelto questi due simboli poiché basilari per i concetti che volevo rendere evidenti nella rappresentazione: la riproduzione e la necessità di far si che gli animali da Noè radunati fossero di differente natura sessuale.
La scissione mitotica della cellula sancisce, infatti, il processo riproduttivo basilare e primitivo all'interno del nostro organismo, quello senza il quale non avverrebbe la riproduzione in sé, il processo attraverso il quale due organismi viventi generano altri individui della stessa specie, i discendenti.
Partendo così da un concetto matrice e chiave del nostro intero sistema sono approdato alla rappresentazione del pensiero di Dio.
La scissione mitotica rappresenta infatti il momento di riproduzione di una cellula, la più piccola struttura ad essere classificabile come vivente. Ogni cellula può infatti essere definita come un'entità chiusa ed autosufficiente: essa è infatti in grado di assumere nutrienti, di convertirli in energia, di svolgere funzioni specializzate e di riprodursi.
Insomma rappresenta la parte più piccola del nostro organismo capace di essere autosufficiente e che è caratterizzata come noi stessi da numerosi processi biologici, fra i tanti anche quello riproduttivo attraverso la mitosi.
Il bacino, invece, dell'uomo a destra e della donna a sinistra, è l'unico osso ad avere una conformazione differente nei due sessi, poiché uno ne garantisce la gravidanza e il parto e l'altro no. Il bacino mi è quindi servito all'interno della tavola per separare i due schieramenti di animali e per sancirne e rendere identificabile il sesso differente.