Biografia

Essere Sara Zamperlin significa nascere in una frazione di Legnago, chiamata Porto, al di là dell’Adige. O al di qua, dipende dai punti di vista. Significa essere figlia di due amanti dell’arte: mio padre carpentiere, sempre indaffarato a manipolare qualche oggetto con le mani; mia madre divoratrice di libri. Entrambi pronti a cogliere la mia propensione al disegno. Tanto da riuscire a iscrivermi in un corso per soli adulti della signora Nelda. Avevo 7 anni. Allora ho capito che da grande avrei fatto la pittrice.
Essere Sara Zamperlin significa camminare con convinzione verso una meta ben precisa. Spinta dal sogno, mi sono iscritta prima all’Istituto d’Arte Applicata, per poi proseguire gli studi fino a ottenere la qualifica di tecnico della conservazione, manutenzione e restauro dei beni artistici. Ho pensato – e credo ancora di avere fatto la scelta giusta – che accompagnare la pittura al restauro, o meglio, il restauro alla pittura, potesse essere una soluzione complementare che rispecchiava, puntuale, la mia volontà. Quella cioè di mantenere un continuo contatto con gli artisti del passato e, al contempo, di sperimentare nel disegno, alla ricerca di una mia forma artistica. Di un mio stile, che poi di fatto è emerso.
Mentre aprivo il mio laboratorio di restauro e pittura, la mia ricerca mi ha condotto alle persone, alla loro anima, quella che solo l’arte può rivelare. L’incontro con loro è diventato il principio della mia opera. A livello artistico avevo trovato quel connubio che mi caratterizza, tra il soggetto del ritratto, assolutamente reale, e il ricorso a una tecnica pittorica che attraverso il ricorso alle colature permette di eliminare la definizione dei contorni e a risaltare l’imperfezione. Una imperfezione che appunto rivela l’essere umano, umanamente imperfetto.
La tecnica mi ha aiutato nella realizzazione e nella definizione di questa tipologia di opera: acidare le foto, così come ricorrere alle colature nella pittura permette di eliminare la definizione dei contorni. Il soggetto diventa un tutt’uno con lo sfondo, quasi avvolto in un abbraccio.
Il tempo a contatto con le persone è quindi fondamentale per la realizzazione della mia opera d’arte. Sono convinta che ogni persona possieda nella propria unicità tratti distintivi che appaiono come vere e proprie impronte digitali: ciò che esiste di più bello non alberga nell’esteriorità delle cose, ma nel coraggio di saperle vivere nel profondo.
Cerco di restituire la bellezza e l’unicità agli elementi, siano essi persone o più semplicemente oggetti quotidiani. E per farlo ci vuole, prima di ogni cosa, il tempo.