Il segno ed il paradigma dell’esserci: ricavare un tale punto di partenza dall’opera tanto ricca e composita come una ragnatela di Massimo Crivello è come posizionare la stessa realtà nel cuore di una traccia, di una presenza che nel tempo, nella storia, si compie come progetto di irripetibilità. In Principio era l’Idea, certamente, ma anche in principio si avverò il segno. Siamo in una dimensione quasi metafisica che prelude all’atto creativo che rimane sempre come esperienza di perennità. Ogni disegno di Massimo Crivello è appunto Di- Segno esoterico, che è proprio dell’universo simbolico profondamente sentito dal nostro valente artista. Riuscire, come abitualmente fa Crivello, a rendere plausibile la complessità attraverso la sintesi del segno dell’Arte, è rendere alle “Tavole che parlano” ( molto più di un semplice fumetto) una funzione di interiorità, capace di suscitare l’oltre, il valore, l’atto definitivo e senza possibilità di revisione, di pentimenti, che fra la tessitura della cultura della memoria rispecchiano un’immanenza che si manifesta e si esprime, ma che sottende sempre altro. La concezione e operazione di puro pensiero e di pura tecnica sono quelle che compie da tempo con estro ed intelligenza d’artista Massimo Crivello, che senza posa dona - è proprio il caso di dirlo – orizzonti e visioni oniriche e storiche al contempo, senza dimenticare l’armonia della profondità in una terra come la nostra ben conosciuta e indagata e - direbbe Tolstoj - piccola patria, metafora stessa del mondo, universalità cosmica che ci appartiene come humus e che Crivello pienamente consegna alla sensibilità, alla vista di ogni singolarità e, quindi, del mondo. Altro aspetto centrale dell’opera di Massimo Crivello è il senso che egli ci propone come atto di essenzialità esaustiva. Penso – per li rami – all’esemplarità di un Lucio Fontana che capì ( non senza fraintendimenti dei passatisti) il valore dirompente del segno che incide, la trasgressione che apre all’orizzonte, che scavalca la superficie angusta, che è in grado di compiere una sorta di ritualità iniziatica, oltre la soglia dell’ovvio e del banale, del consueto ingabbiamento, delle categorie estetiche vetuste. Bene, Crivello riesce proprio a collegarsi con la sua scrittura segnica, e in dimensione di “creattività”, a una tensione artistico-filosofica, che è una vera e propria verticalizzazione spirituale. Altro riferimento mi sembra essere, riflettendo, l’opera di un Munàri proprio per i significati poetico-mitologici del frammento segnico che, fra lucidità e invenzione, il grande Maestro sapeva indicare come caleidoscopio, maschera, cultura comportamentale e destino di una nuova, pedagogica stagione del fare e del creare nell’invenzione e nell’ironia. E’ con tale Weltashaung che si misura l’autonomia artistica, intellettuale e culturale oltre alla esemplare originalità dell’opera di Max Crivello, la cui autentica riconoscibilità è potenza narrante, è nella iscrizione nello spirito del tempo e oltre il tempo, intima necessità comparativa, istanza e ricerca della verità, piena aspirazione alla realizzazione di sé nella rappresentazione anche storica dell’umano verso la stagione piena della luce, che i simboli sanno sempre evocare e che nell’opera di Crivello si consegnano in tale misura come evento geniale d’Arte e di Bellezza. Tommaso Romano