Ciò che la Baracchi sottolinea del ritratto ad olio in molti suoi scritti, è che esso non deve risultare una gigantografia dello scatto fotografico, non deve raffigurare un “attimo di vita”, bensì rappresentare l’anima ed il temperamento della persona ritratta, la sua esperienza di vita condensata in una, tela e, quando l’inquadratura lo permette, ella cerca di renderne mobile lo sguardo, affinché possa interagire con l’osservatore. (...) Non tanto prova di abilità dunque, il ritratto, ma piuttosto mezzo di penetrazione per cogliere quegli elementi che emergono come da un misterioso fondale, da un “oltre la tela” che risulta accessibile all’osservatore attento e capace di stabilire una sintonia prolungata, non momentanea e superficiale, con l’opera d’arte. (Prof. Walter Boni)