Piero Lerda
Artista, Torino, Italia, iscritto 15 anni fa
Le mie riflessioni su L'arte delle nuove caverne muovono dalla presenza costante di figure
geometriche dal forte significato allegorico, cerchi e triangoli, peraltro anche esplicitamente posti
al centro dell'attenzione dagli stessi titoli. La caverna e la geometria: nell'opus di Piero la
compresenza di questi due assi cartesiani del nostro immaginario collettivo si pone dichiaratamente,
attingendo nel contempo alla sensibilità e all'intelletto, ovvero la parte estetica e la parte logica dell'anima. L'Artista ci sfida, forse, a cercare un (il?) nuovo, necessario, rapporto tra dionisiaco e ap
ollineo, alle soglie del terzo millennio?
Raccogliamo allora la provocazione, e con infinita gratitudine, perché nel nostro tempo solo l'arte,
ormai, sa prendersi cura di noi, restituendoci tutta la nostra umanità, senza mentire e senza chiedere
nulla, consentendoci di essere, liberamente, ciò che siamo nel momento della fruizione.
La caverna, dunque. Il ventre della Terra. L'alfa e l'omega della nostra esistenza. Il grembo materno
e la fossa. La fonte da cui sgorga il nostro istintuale attaccamento alla Vita, all'azione, alla
creazione, all'affermazione, alla felicità. Ed ecco che si pone un possibile significato per le caverne
di Piero: “nuove” in quanto odierne, contemporanee, rinnovate nei caratteri e quasi irriconoscibili (perché proditoriamente luminose, cartesiane), ma pur sempre quelle; sono i limiti spazio-temporali
della nostra fisicità, la fragilità del nostro corpo, i confini angusti dei nostri orizzonti biologici e
sociali. L'uomo contemporaneo vive come ostaggio della Terra proprio come gli uomini che lo
hanno preceduto e come gli uomini che verranno: la caverna ha valore metastorico, e metafisico, è
cifra del Sacro. Io non credo, infatti, che l'amico Piero pensasse al nostro tempo come ad un tempo
di particolare barbarie, regredito ad una preistorica inciviltà. Non ci sono mai stati tempi barbari, ci
sono uomini barbari, che non capiscono che la fedeltà alla Terra si testimonia solamente
staccandosi, emancipandosi da Essa per celebrarla attraverso la creazione di qualcosa di nuovo e di bello: solo vivendo nella creazione, anche paradossalmente lottando contro il proprio corpo, l'uomo rispetta la Terra, se stesso e i suoi simili.
Ma quali sono gli strumenti umani della creazione? Le nuove relazioni che stabiliamo tra i
frammenti del Reale. Creiamo quando leghiamo ciò che prima era distinto. Colleghiamo secondo
misura. Imponiamo forme all'informe. Realizziamo progetti, come la Terra. Rileggiamo il mondo
attraverso figure dai noti contorni, icone dell'armonia e del senso.
La geometria, dunque. Cerchi-sole, in alto nella composizione (L'alba del nuovo millennio, Senza
titolo, La nuova geometria?, tutti del '95), sorgono in un paesaggio irregolare, frammentato, spesso
nero, o grigio; li accompagnano triangoli, in basso, e addirittura uno, equilatero, giallo-cocktail, si
colloca solitario dentro una figura marrone avvolgente (una caverna?), come un tesoro in attesa di essere scoperto. Le forme dell'Ordine, kosmos, che emergono dal caos apparente, come frattali. Per l'uomo, la speranza nella felicità. Il dono dell'artista.
di Monica Ammirati Fabbi
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