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Attraverso un “processo interpretativo”, rendendo tangibile ciò che apparentemente non può
essere percepito, la ricerca spinge verso configurazioni ignote proprie della sfera dell’inconscio,
dell’onirico, prefigurazione di mondi reconditi e virtuali, oltrepassando i confini della visibilità,
mettendo in essere la sua materia più impalpabile: la luce.
La luce svela la realtà rendendola visibile. Le “sperimentazioni ermeneutiche”, invece, la
interpretano creandone una nuova. Assumendo i movimenti adimensionali di uno sguardo al di
fuori del nostro orizzonte del visibile, o meglio, di un altrove dell’orizzonte del reale, essi strutturano
questa ricerca fotografica come universo di sé, come un vero e proprio “cosmo”.
E’ una riflessione sperimentale sulla fotografia da cui trarre le premesse per un diverso rapporto
concettuale con la realtà empirica, lavorando sui confini impercettibili della realtà stessa, sospinta
a mettersi in relazione con le stesse “rischiose” ipotesi del proprio immaginario, con le sue
possibilità di poter indirizzare il linguaggio fotografico a tali estreme prospettive, a “farsi mondo”
come limite estremo della fotografia.
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