ECCE HOMO

ECCE HOMO

L’opera vuole essere la risposta ad una tensione costante tra le due anime dell’autore, quella dell’artista e quella del pubblicitario. Osservando la tela, notiamo che dal buio emergono due elementi apparentemente diversi e antitetici: l’uomo e la macchina. Quest’ultima sembra realizzata meccanicamente, mutuata dall’estetica perfezionistica dell’immagine mediatica, quasi una competizione con il gigantismo della pubblicità e con l’onnipresenza del messaggio commerciale. L’automobile acquisisce la fisionomia architettonica della colonna da sempre simbolo del patibolo. Attraverso l’iconografia tradizionale del martire o del Cristo flagellato, "ecco l’uomo contemporaneo" (Ecce homo): un essere che esprime solitudine, isolamento, malinconia, impotenza e senso di prigionia. Sensazioni accentuate dal drammatico contrasto di luci ed ombre, di caravaggesca memoria, che crea una forte tensione emotiva in cui tutti ci sentiamo coinvolti proprio perché tutti subiamo, giornalmente, questo martirio, inflitto dall’inarrestabile “macchina” del consumismo che ha ormai preso il controllo sulle nostre vite che detta con ritmo accelerato e confuso, la regia della nostra epoca.

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