check point II
Entro. La città mi misura mentre sfilo senza documenti.
Circolare scorrere implica arterie, canali, barriere in
cemento, lucchetti, reti, vetrate blindate, corsie
obbligate. Immobili riflettono il mio profilo sulle loro
quadre vetrate mentre sfoglio ansioso il giornale, muri che
spezzano l’ombra che non volendo proietto e che mi scopre
sui loro piloni. La città ora mi ferma…
son fermo: guardo a destra e a sinistra, dietro me
percepisco un battito d’ali, l’aria si sposta, tentenno.
Ma non vengo travolto….
Un urlo se urto, una spinta, uno sputo se mi impunto,
se inizio a girare a vuoto come un bersaglio. Seguo
il ritmo ed il flusso. Mi muovo: un muto orologio mi guarda
col suo unico occhio, scannerizza il mio look, io apro la
bocca e dà un voto ai miei denti, quota le mie referenze,
mi giro e intanto mi fruga con raggi azzurrini, lo sento,
ticchetta. Io so che prima o poi alzerà le sue rigide
braccia sino all’apice, alla benedizione, il momento in
cui entrambe in alto in un tripudio d’acciaio
indicheranno, alleluja, la fine del giorno. Allora, nel
buio, uscirò, il deserto mi attende.
Francesca Palazzi Arduini su “Check point”, collage,
2010, di Saverio Feligini.
Commenti 4
best regards
Helga
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