senza titolo
In principio la percezione di qualcosa di strano: nei mise en abìme, nelle sovrapposizioni e nei video montaggi di Senza titolo latita quel carattere straniante di surrealista memoria; un ricordo appunto, perché - rivedere per meglio guardare - i collage di Ernst non paiono, a oggi, così surreali. Di più: qui i classici elementi di quello che fu detto perturbante ci sono tutti e ostentati dalla presa diretta: finestre che ne assorbono altre, accostamenti improbabili e divergenti, linguaggi riferibili solo ad altri linguaggi e così via; eppure, ecco la rivelazione: ai limiti del decostruzionismo siamo, non è un paradosso, quanto mai vicini al quotidiano, verso una realtà: Senza Titolo è più di tutto fotografia; migliore: un’idea di fotografare.
La fruizione sullo schermo di un computer, dal punto di vista del suo creatore, scioglie ogni dubbio. Ci troviamo a costatare che il database, neonata ma già secolare forma simbolica che congiunge uomo e mondo attraverso le informazioni, è per la cultura contemporanea quello che la prospettiva era per i moderni: un nuovo banco ottico...
Gabriele Tosi
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