Senza titolo #10
qualunque non trarrebbe alcuno stimolo, se non quello ad allontanarsi al più presto
da quell'arido scenario. Diversamente l'artista - giusto il noto aforisma di W.
Heisenberg, per cui egli è in grado di "penetrare la realtà dall'interno" - vede ciò che alla nostra vista resta precluso e si lascia poeticamente ispirare anche da segni di squallida precarietà. G.L. ha percorso i ruderi di KunStart 10 schizzandoli come un viaggiatore nostalgico e facendo da essi rifiorire un linguaggio di grande ricchezza.
Le opere che ne sono nate presentano una essenziale complessità compositiva, in cui
alla straordinaria resa pittorica si aggiunge il fascino delle cose lecitamente ambigue cui l'osservatore fatica ad attribuire un connotato definitivo. Non possiamo mai raggiungere una certezza identificativa perché quella che G.L. ci fa vedere non è un'altra realtà, ma una realtà "altra" che riecheggia in certi momenti la simulata asetticità di Hopper, in altri il maggior coinvolgimento lirico di Ferroni. Le porte riprodotte non sono più porte, ma tuttavia ci fanno entrare in un qualche luogo - che c'era ma che noi non potevamo vedere.
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