Credi?

Credi?

Pittura, Sacro / Mitologico, Olio, 400x240x5cm
"CREDI?"
Tela 1 di 2, olio su tela, m 4x2,40
Anno 2018, © Dora Romano

~Testo critico~

Quando Gesù ha offerto se stesso è morto realmente al posto nostro per adempiere la Legge, infatti dopo la trasgressione originaria, senza il Cristo, l'uomo non si sarebbe potuto salvare. Con la Sua resurrezione ecco che il Seme della speranza vive.
Dora Romano, architetto e artista frattese è l’autrice dell'opera "Credi?" del 2018, la quale, presente per la seconda volta a questa manifestazione, interpreta una tematica cardine della religione Cristiana: La morte e la resurrezione di Cristo con fare odierno.
Il titolo dell‘opera ci interroga: “Credi?”. La risposta a chi, osservando le due tele proposte, rivive in sintesi la storia di Cristo che morto per noi “ritorna” per sempre e ci lascia sperare nel nostro presente del nostro futuro.
L’autrice ‘impregna’ il suo punto di osservazione di contaminazioni storiche e artistiche che nutrono e irretiscono le idee che progetta e che prendono vita sia nella logica di una società da analizzare su vari fronti per quanto complessa ed in crisi, quanto nella storia, nella storia dell’arte e nelle tradizioni folkloristiche che dal punto di vista antropologico confermano il nostro territorio come luogo di ricchezze culturali ormai storicizzate e che si evolvono nel contemporaneo. Ciò le dà la possibilità di interpretare le narrazioni visive in piena libertà intellettuale, senza alcun tipo di reinterpretazioni del già visto in tal occasione o del prevedibile a ripetersi. Le due opere sono state progettate e messe in scena come fossero ‘frame’ di un’opera teatrale e cinematografica assieme. I personaggi scelti per i vari ruoli si sono immersi nel racconto con infinita partecipazione e questo, unitamente alla sensibilità dell’artista che ha vestito anche il ruolo di regista, ha permesso di realizzare un lavoro puramente autentico.
Quest’anno, con le due tele: la deposizione ( di m. 4x2.40) e la resurrezione di Cristo (di m. 2x1,50), che compongono l’opera “Credi?”, Dora Romano percorre un racconto di sintesi religiosa dal punto di vista storico ma si proietta al contempo in una dimensione futura: chi è che chiede e a chi si chiede “Credi”?. Lo spettatore si deve trovar coinvolto nell’osservazione quanto nella partecipazione emotiva e dunque dovrà rispondere al suo io prima e poi.
Cristo è morto per noi sulla croce e per noi è risorto, e lì, nella tela dalle dimensioni più piccole, lo vediamo, ci osserva, ci comunica e ci infonde amore. Un Cristo in primo piano rappresentato nella sua realisticità, vero, un uomo che riconosciamo come un soggetto del tempo che viviamo. Egli ci guarda e ci sorride in maniera ‘gioconda’ e sembra che dica al contempo “Non mi hanno fatto niente” con tono rasserenante e infondendoci il perdono e la logica della vittoria della vita sulla morte fisica. La verità, la realtà che si tramuta nel dipinto in spinto realismo per l'artista è il punto chiave dell’impatto visivo per il coinvolgimento emotivo di chi sa osservare.
Per la tela grande l’unico punto di dialogo visivo è tenuto con la Madre di Cristo, la quale, mantenendo il vertice dell’intera composizione, osserva dall’alto l’osservatore e lo fa con sguardo gonfio di dolore e con espressione severa per quanto inflitto. Ed a Lei si sceglie di affidare tale dialogo per omaggiare e relazionare quest’ultimo progetto con l’opera dello scorso anno che tanto ha premiato l’artista: La Madre.
Altro quesito è il concetto stesso della deposizione: sarà una deposizione dalla Croce o presso il Sepolcro? Anche questa resta una narrazione da interpretare dal momento che per l’autrice l’opera è definita dal pubblico che contempla, e che, in tal circostanza, copre il ruolo della critica ma anche di attore che vi partecipa in maniera attiva.
La composizione scelta per la grande tela ha impianto piramidale e racchiude con schema tuttavia dinamico il gruppo dei nove personaggi rappresentati che posti in un paesaggio brullo, e che crea spazialità, condiziona lo stato d’animo con i suoi contrasti cromatici. Il cromatismo, appunto ha un ruolo fondamentale in queste due opere. Il colore, per la pittura ad olio (come i fiamminghi ci hanno insegnato e come i grandi geni del Rinascimento hanno saputo ereditare e reinterpretare), è l’attore che disegna le emotività. L’equilibrio tra forme e colori descrivono due diversi stati d’animo: per la tela grande si persegue l’obiettivo di rendere angoscia per quanto accaduto; per l’altra opera invece, con il primo piano del Volto Santo, si persegue l’obiettivo di rasserenare lo spirito coi toni tendenzialmente neutri e freddi e con gli occhi dalla straordinaria profondità si tende alla calma del cielo infinito.
Un’opera deve essere in grado di far nascere domande nella mente di chi osserva superando la dimensione del reale, non può essere pura rivelazione. Siamo fatti non solo di occhi che osservano, ma di mente che elabora pensieri e di anima che alimenta fede che resta realtà del nostro vivere.

Testo critico dell’arch. Mauro Di Martino

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