Letizia Ardillo -Nulla
L’artista ci induce a riflettere sulla caducità dell’uomo. L’immagine di un volto umano si specchia in se stesso, dove proietta la propria realtà, ma ciò che percepisce è il Nulla. Dunque l’uomo non è in grado di guardarsi, di riconoscersi, di vedersi, di apprendere l’autocoscienza. l movimento dell’acqua accentua il processo di transitorietà; l’uomo, fissando il moto dei flussi, si rapporta con un processo dinamico visibile ma sempre mutevole. Qui è lo stesso concetto di visibilità che viene meso in discussione. L’uomo appartiene ad un mondo che è illusorio, ingannevole: ciò che viviamo è solo un’impressione luminosa, un attimo, un soffio, Nulla. In questa autocoscienza, tuttavia, di questo nulla, di vivere come sospesi in uno spazio-non spazio senza tempo, neanche la comunicazione con l’altro ci può salvare, perché anche l’altro non è riconoscibile, non è visibile, non è percepibile con i sensi, annacquati e ottusi da un’atmosfera senza aria, che riduce l’essere umano ad un magma amniotico, che ha perso ormai il senso dell’umanità. Le linee energetiche, che dovrebbero indicare i flussi della comunicazione, si sono interrotti e il dialogo è degenerato nell’incomunicabilità con il prossimo e nel suo mancato riconoscimento, per mancanza di visione dello stesso, non solo come essere umano, ma persino come essenza esistenziale. La drammaticità della condizione dell’uomo è accentuata dall’uso di forme essenziali, di bicromie acromatiche, che ci inducono a muovere lo sguardo tra i due elementi polari del simmetrico peso compositivo, distribuito sulla facciata delle due pagine esposte; le altre pagine sono bianche o suggeriscono percorsi visivi tanto scarni, quanto drammatici e demenziali. Non ci sono risposte, né soluzioni, né speranze. I due volti s’impongono e si fissano nella nostra memoria percettiva, con una sorta di rimando biunivoco di un meccanismo inceppato che rimanda dall’uno all’altro polo, ininterrottamente, e inutilmente. Una sorta di “macchina inutile”, formata da due automi, ci offre elementi di riflessione sulla disumanizzazione dell’umanità, sull’illusorietà della realtà, sull’effimerità dell’apparente. Lucrezia Rubini dal catalogo della mostra Cosmi ex libris
Letizia Ardillo- Nulla
L’immagine di un volto umano si specchia in se stesso, dove proietta la propria realtà, ma ciò che percepisce è il Nulla. Dunque l’uomo non è in grado di guardarsi, di riconoscersi, di vedersi, di apprendere l’autocoscienza.
l movimento dell’acqua accentua il processo di transitorietà; l’uomo, fissando il moto dei flussi, si rapporta con un processo dinamico visibile ma sempre mutevole.
Qui è lo stesso concetto di visibilità che viene meso in discussione.
L’uomo appartiene ad un mondo che è illusorio, ingannevole: ciò che viviamo è solo un’impressione luminosa, un attimo, un soffio, Nulla.
In questa autocoscienza, tuttavia, di questo nulla, di vivere come sospesi in uno spazio-non spazio senza tempo, neanche la comunicazione con l’altro ci può salvare, perché anche l’altro non è riconoscibile, non è visibile, non è percepibile con i sensi, annacquati e ottusi da un’atmosfera senza aria, che riduce l’essere umano ad un magma amniotico, che ha perso ormai il senso dell’umanità.
Le linee energetiche, che dovrebbero indicare i flussi della comunicazione, si sono interrotti e il dialogo è degenerato nell’incomunicabilità con il prossimo e nel suo mancato riconoscimento, per mancanza di visione dello stesso, non solo come essere umano, ma persino come essenza esistenziale.
La drammaticità della condizione dell’uomo è accentuata dall’uso di forme essenziali, di bicromie acromatiche, che ci inducono a muovere lo sguardo tra i due elementi polari del simmetrico peso compositivo, distribuito sulla facciata delle due pagine esposte; le altre pagine sono bianche o suggeriscono percorsi visivi tanto scarni, quanto drammatici e demenziali.
Non ci sono risposte, né soluzioni, né speranze. I due volti s’impongono e si fissano nella nostra memoria percettiva, con una sorta di rimando biunivoco di un meccanismo inceppato che rimanda dall’uno all’altro polo, ininterrottamente, e inutilmente. Una sorta di “macchina inutile”, formata da due automi, ci offre elementi di riflessione sulla disumanizzazione dell’umanità, sull’illusorietà della realtà, sull’effimerità dell’apparente.
Lucrezia Rubini dal catalogo della mostra Cosmi ex libris
Commenti 2
Inserisci commento