Don't forget to breathe

Don't forget to breathe

Don’t forget to breathe
I tempi che stiamo vivendo ci mettono sempre di più sotto pressione, fino a toglierci il respiro. Siamo senza una visione di futuro, come se tutte le nostre faccende debbano prima o poi, toglierci definitivamente il respiro. L’ossigeno quindi, l’elemento primario, rigenerativo, che ci offre in ogni attimo della nostra vita, la possibilità di trasformare essa in qualcosa di meraviglioso.
Il respiro ci viene consentito dagli alberi, la natura reca in sé queste colonne “inchiodate” alla base e libere nelle loro sommità, per dirla alla maniera di Nancy, tra cielo e terra; l’uomo, al contrario, ha foggiato ferro e cemento in una colonna, che immediatamente nasconde, nella migliore delle ipotesi per ricavarvi riparo per gli uomini, ma come accade spesso, esclusivamente per una speculazione finanziaria, purtroppo a carico dell’ecosistema.
La trasformazione evocata dall’immaginario writer ci porta a prendere posizione, a “firmare” con un segno opposto, da cittadini-artisti ribelli, le dinamiche urbane nelle nostre comunità. Esiste un’arte della costruzione del cambiamento, cosicché lo studioso britannico Charles Landry, con i suoi manifesti colorati al SI – South Italy Architecture Festival di Favara, in Sicilia, ci chiede: “Can you change a city? “.
È un’urgenza

dal 26 settembre al MAAM di Roma per "arte da macello2" a cura di Ignorarte

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