Si non sedes, is
I temi, così come i titoli, sono apparentemente due.
L’analisi del comportamento dell’uomo nel rapporto vita/morte e una riflessione sulle separazioni che la morte ci impone con le conseguenti difficoltà a lasciare quanto conquistato e ad interrompere i legami che costruiamo durante la vita.
“Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie”. “Ed è subito sera”. Forse la vita è veramente come le poesie di Ungaretti e Quasimodo.
Forse è così o forse no. Che senso avrebbe la vita se veramente fosse un risveglio dal nulla, catapultati in un mondo che non conosciamo, ad affannarsi, amare, soffrire, gioire. Cercare una persona con cui condividere il percorso, mantenere i rapporti famigliari, cercare delle vere amicizie, gestire le migliaia di conoscenze che la vita ci propone. Poi tutto ad un tratto, ad un età e in una data che non sappiamo, tutto finisse così. Senza senso. Senza logica.
Alcuni penseranno che nemmeno l'autunno ha una logica per le foglie. Arriva e basta. Questa visione ha dalla sua un non so che di ineluttabile e definitivo. È affascinante nella sua brutalità ma anche rassicurante. E da un certo punto di vista anche comoda. Per prima cosa non richiede una ricerca. Non lascia spazio al dubbio. Si basa su un metodo solido che pesca da ciò che vediamo, sappiamo, ciò di cui abbiamo esperienza. È il fortino dalla razionalità.
E tutto questo è vero. Il problema è che questo modello funziona solo se si accetta che non c'è nulla da capire. Se si accetta tutto quello che la vita ci riserva.
Infelicità, sofferenza, malattie, solitudine, morte.
Ma chi è pronto ad accettare tutto questo senza capire?
La comprensione parte dall’esperienza, dall’osservazione, dalla consapevolezza e modifica il modo di vedere la realtà e, conseguentemente, i pensieri e le azioni.
L’esperienza è un efficiente strumento per modificare la percezione che si ha di se stessi e del mondo.
E’ per questo che dal 2013 molte aziende coreane obbligano i propri dipendenti a celebrare il proprio funerale e li chiudono in bare per dare loro una diversa prospettiva e buone motivazioni.
Il tema e la forma del progetto non vogliono quindi disturbare o essere in alcun modo scioccanti o impressionanti.
La morte fa parte della vita e questo è un dato di fatto.
Ribadire la realtà ha più a che fare con il prendere coscienza che con la paura, il fastidio, il rifiuto o la spettacolarizzazione .
La forma, probabilmente, è la più efficace per proporre un’esperienza, che prima o poi ci troveremo a “vivere” e che spero dia elementi (è auspicabile prima che poi) per riflettere su ciò che lega l’uomo ad un percorso di comprensione (vita) e a quello che evidentemente è ancora un tabù (morte).
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