Riflessi
Riflessi è un polittico moderno composto da quattro opere: "Fototessera", "Natura allo Specchio 1 e 2", "Lo specchio". Non un polittico tradizionale con cornici e cerniere, ma un'installazione mobile costituita da 3 monitor che proiettano in sequenza, a ciclo continuo, tre audiovideografie. Completa l'opera un vero specchio che, con il suo doppio, fa da ponte tra la realtà e la sua rappresentazione. La disposizione forma un quadrilatero, dove il numero quattro moltiplica l'ambiguità rimandando alla cornice, al quadro, alla misura dei brani che accompagnano i video, alle stagioni, ai punti cardinali, agli arti, agli elementi della tradizione occidentale. In terra, sparpagliate, foglie e decine di minuscole fototessera. Queste ultime, in bianco e nero, mostrano l'ultimo fotogramma della prima audiovideografia: un autoritratto senza volto.
Fototessera. L'uomo, l'artista, l'autoritratto, la fotografia. Il protagonista si mostra con la sua immagine, con quella che vorrebbe essere la sua espressione migliore, quella che vorrebbe donare o preferirebbe che gli altri ricordassero. Ma è un'impresa ardua. L'artista si siede davanti all'obiettivo di una fantomatica, quanto invisibile camera e cerca l'espressione "giusta". Il confronto con lo spettatore è immediato: i movimenti del volto, la bocca, gli occhi, attivano i neuroni specchio dell'osservatore che, inconsciamente, tenta di ripetere i gesti, le smorfie. L'imitazione innata dell'uomo lo porta addirittura a provare in parte le stesse sensazioni: la serenità, il disgusto, la tristezza, la noia, l'ansia, la gioia, mentre l'aspettativa del risultato, della foto, scorre come pellicola. C'è l'uomo nella sua essenza, ma diviso, frantumato, fuori sincrono con sé stesso per via del mondo, della tecnologia, (sottolineata dalla musica) che vuole "inquadrarlo", ma anche immortalarlo: per sempre. Un po' morire nell'istantanea di un momento che non tornerà più. Ma non c'è tempo, non c'è soluzione; c'è solo la superficie, la fretta quotidiana, l'incapacità di trovare la propria collocazione nello spazio e nel tempo. Non è presente neanche il colore perché quella mostrata non è la realtà, ma un suo riflesso. Il protagonista non resiste più alla costrizione, è stufo, chiude gli occhi, gioca con la lentezza del macchinario immaginario, si addormenta, si dà un contegno. Alla fine si alza mentre la macchina scatta la foto e ciò che resta di lui è una foto venuta male, inutile, sbagliata, senza volto...
Natura allo specchio Il paesaggio, il contesto, il mondo in cui abitiamo, ci muoviamo, viviamo quotidianamente, ci condiziona. Noi siamo il riflesso del luogo in cui viviamo e contemporaneamente influenziamo e modifichiamo il paesaggio che ci ospita. Quello che appare da lontano, una figura geometrica in movimento, un quadrato innaturale che "cresce" fino ad occupare tutta la toile, è il paesaggio "dipinto", senza l'uomo... che ne è però l'artefice. Indissolubile legame tra ciò che è, cio che appare e il riflesso proiettato. Non è ancora una volta la realtà, ma la sua immagine in una "scatola", artefatta, elaborata, modificata dall'intervento dell'uomo. I suoni della natura si intrecciano con strumenti elaborati, costruiti, selezionati. Non è la voce della natura, è la sua registrazione, modificata e riprodotta da dispositivi acustici non naturali. Tutto è bioculturale. Non c'è niente di reale, c'è solo il suo riflesso.
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