Plastica vol.II, Spectrum
“Spectrum” è un tentativo di traduzione di tracce audio in oggetti fotografici, in microcosmi “possibili” assemblati in studio.
Per operare questa traduzione, il lavoro si serve di un approccio clinico nell’analisi degli spettri audio di tre brani di tre artisti emergenti romani.
Lo spettro audio è già, in qualche modo, un tentativo di rappresentazione bidimensionale di una certa relazione matematica tra grandezze fisiche (intensità del suono in dB e frequenza), in quanto disposizione di un insieme di punti all’interno di un diagramma. Ad ogni intervallo temporale corrisponde una certa disposizione di punti e, quindi, un’immagine.
Attraverso la scomposizione di ogni spettro audio in brevi intervalli temporali (della durata di mezzo secondo), è possibile individuare delle strutture ricorrenti, delle immagini che si ripetono centinaia di volte all’interno di uno stesso spettro.
La comparazione di queste strutture fa emergere delle analogie tra quelle osservate negli spettri di uno stesso musicista e delle divergenze con quelle degli altri artisti: in un certo senso, si potrebbe affermare che lo spettro audio sia, per un musicista, un segno di riconoscimento al pari di un’impronta digitale, suggerendo in qualche modo una coincidenza tra identità creativa ed identità matematico-fisica.
Attraverso una sintesi di forme, si è successivamente operata una traduzione di queste immagini ricorrenti in oggetti inizialmente virtuali (attraverso un programma di Cad), resi poi fisici grazie alla stampa 3D.
E’ a questo punto che la fotografia può intervenire, grazie alla presenza di un oggetto materico con il quale entrare in contatto. Esso viene inserito in istallazioni temporanee ricostruite in studio e plasmate in base all’andamento di ogni spettro audio, al fine di produrre oggetti fotografici che sono il risultato del riassemblaggio di ciò che precedentemente era stato scomposto: “paesaggi matematici” che pretendono di essere mondi “possibili” e “credibili”.
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