Il silenzio è l'ascolto di quello che manca
Un performer (Lucia Bricco) è aggrappato a una parete del museo a circa 3-4 mt di altezza, immobile nell’attimo prima di raggiungere un punto, che guarda con desiderio. Ha un’imbragatura e una corda che scende tra le mani di un secondo performer (Federica Peyrolo), che lo assicura con il suo peso. Quest’ultimo sdraiato a pancia in su, con le gambe che spingono contro la parete, si trova sotto il primo performer e lo guarda con cura. Sulla stessa parete è attaccata una targhetta di alluminio con scritto “Il silenzio è l’ascolto di quello che manca”. I performer restano immobili per tutta la durata della performance.
Ogni elemento dell’azione (performer1, performer2, corda e titolo) è parte incompleta di un moto che ha tre direzioni e tre spinte differenti. In questo spazio che non possiede un unico orientamento, circola la mancanza, unico fattore in movimento.
Il tema del progetto mi riguarda intimamente e, forse, per questo motivo mi sono trovata in difficoltà. L’ossessione di scomporre una specie di rebus e, insieme, il presentimento di non essere all’altezza sono materie fedeli della mia ricerca artistica, ma sono anche strettamente connesse con la nascita di questo lavoro.
La ricerca in sé contiene la definizione della parola De-siderare intesa come assenza di stelle e come contemplazione di una sorta di infinito che manca. Questa è una questione che, posta in un tempo non lineare ma circolare, esclude l’arrivare lasciando la possibilità di contemplare questa mancanza come se fosse una sorta di preghiera. Questa definizione dava forma a ciò che stavo cercando e nella mia ricerca di ciò che mancava stavo performando l’opera. Mi sono accorta che ”l’inizio” coincideva con “l’arrivo” o che, probabilmente, questi due momenti non esistono nel lavoro. Ho sperimentato con fatica una ricerca direi circolare.
Questo lavoro, quindi, manca. Manca in modo circolare.
Tra le parti - l’arrampicatore, la corda tesa, la persona che assicura e il titolo - quello che si muove circolarmente è la mancanza. La difficoltà nel considerare una delle parti come se fosse autonoma dà uno slancio per cercare in quella successiva quella mancanza.
Nel tableau vivant, e nell’immagine fissa in genere, quello che si cerca attivando un movimento sta in tutto ciò che non si vede.
Durante la ricerca io sono stata strumento di questo movimento.
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