BABIES WHO TOUCH YOU

BABIES WHO TOUCH YOU

Reborn Dolls: bambole ‘rinate’, copie di bambini veri in vinile o silicone. Spesso sono usate a scopo terapeutico – per elaborare un lutto o affrontare il vuoto di un figlio mai nato. Le reborn mommies vestono e nutrono le bambole, lavano i loro capelli, le portano a spasso in passeggino, le mettono a dormire. L’acquisto avviene con certificati di nascita e imita la procedura di adozione.

Oltre 20.000 donne nel mondo collezionano o producono reborn. Alcune clienti desiderano rivedere un figlio scomparso o ormai cresciuto e lontano. Altre immaginano il proprio neonato ideale. Il lavoro della reborn artist, esclusivamente femminile, si svolge negli spazi domestici – la casa diventa un laboratorio, seguendo la tradizione delle doll-makers del IX sec. Il reborning è nato negli Stati Uniti negli anni Novanta. La prima bambola è stata venduta su Ebay nel 2002. Su internet si è creata una società virtuale globale: un flusso costante di foto e video è quotidianamente condiviso nei social. Il fenomeno si è diffuso prima in Regno Unito, poi nel resto d'Europa, in Canada, Australia, Africa e America Latina. Il primo canale Youtube italiano ha quasi 12 milioni di visualizzazioni (Baby Reborn Giulia). Il prezzo medio di una bambola varia dai 250 agli 800 $. La più costosa è stata venduta dall’artista americana Romie Strydom a 30.000 $.

Il mio progetto esplora la relazione emotiva tra donne e reborn, analizzando il processo di simulazione e commercializzazione della maternità. Perché le donne di oggi comprano neonati sintetici? ‘Babies who touch you’ parla di insoddisfazione, solitudine, e contraddizioni della femminilità contemporanea. Le bambole sono fotografate come bambini finti prodotti in serie, pronti per rinascere. Il loro corpo è a pezzi, conservato nella plastica – metafora di una placenta artificiale e emblema del bisogno umano trasformato in merce.

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