Cemento Armato#2
CEMENTO ARMATO “[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957 Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”. Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato: “Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”. Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York: “[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.” Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana. Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”. Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
Cemento Armato#3
CEMENTO ARMATO “[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957 Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”. Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato: “Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”. Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York: “[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.” Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana. Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”. Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
Cemento Armato#4
CEMENTO ARMATO “[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957 Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”. Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato: “Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”. Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York: “[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.” Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana. Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”. Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
Cemento Armato#5
CEMENTO ARMATO “[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957 Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”. Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato: “Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”. Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York: “[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.” Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana. Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”. Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
Cemento Armato#6
CEMENTO ARMATO “[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957 Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”. Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato: “Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”. Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York: “[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.” Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana. Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”. Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
Cemento Armato#7
CEMENTO ARMATO “[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957 Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”. Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato: “Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”. Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York: “[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.” Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana. Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”. Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
Cemento Armato#8
CEMENTO ARMATO “[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957 Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”. Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato: “Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”. Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York: “[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.” Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana. Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”. Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
Cemento Armato#9
CEMENTO ARMATO “[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957 Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”. Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato: “Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”. Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York: “[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.” Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana. Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”. Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
Cemento Armato#10
CEMENTO ARMATO “[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957 Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”. Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato: “Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”. Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York: “[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.” Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana. Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”. Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
Cemento Armato
“[…] Quando Quinto saliva nella sua casa, un tempo la vista dominava la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e del porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra il porto s’infittiva l’oliveto: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno spora l’altro.” Italo Calvino, La speculazione edilizia, 1957
Negli anni '60 e ‘70 il boom edilizio devastava l’Italia e costruiva ghetti contemporanei sparsi per tutto il “Bel Paese”.
Le Orme nel 1971 cantavano in Cemento armato:
“ Cemento armato la grande città / Senti la vita che se ne va / Vicino a casa non si respira / E’ sempre buio ci si dispera / Ci sono più sirene nell’aria che canti di usignoli / E’ meglio fuggire e non tornare più”.
Questo lavoro è uno spaccato del quotidiano in un quartiere, dove lo Stato cerca di far sentire la sua presenza in un territorio ormai allo sbando. Giornate durante le quali la musica neomelodica è totalmente coperta dalle sirene e dal rumore delle pale dell’elicottero che sorvolano il quartiere. Giornate in cui gli abitanti lasciano la scena ai palazzi rendendola quasi una città fantasma, dove la presenza umana diventa rara e va quasi scomparendo. Il contesto, l’architettura e l’elemento umano si fondono per dar vita ad un mostro sociale. Questo è solo uno dei tanti creati da una politica scellerata, sparsi in tutta Italia, nei quali gente onesta si trova stretta in un sopravvivere quotidiano caratterizzato da una legge “diversa” da quella dello Stato. Un quartiere dove non esistono regole del vivere civile ma solo quelle del più forte. Cemento Armato è ambientato a Librino, ma potrebbe essere, per la sua struttura architettonica e la difficoltà del vivere quotidiano, una qualsiasi banlieue europea dove l’uomo viene confinato in una gabbia, come un problema sociale senza soluzione, senza che la politica si interroghi realmente della causa di un disagio sociale così vasto. La classe politica non si occupa delle persone del quartiere che diventano invisibili alla città. Diventano persone solo quando ci si avvicina alle elezioni. Queste città sono mondi separati, due città nella città, dove la creazione di agglomerati non ha fatto altro che aumentare il divario tra le genti, impedendone un vero inserimento, una osmosi naturale, alimentando quel divario fatto di usi, costumi, cultura, leggi morali ed etiche differenti. Sembra quasi il realizzarsi del famoso film di John Carpenter, 1997: Fuga da New York:
“[…] Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più.”
Lo Zen, Librino, le vele di Secondigliano, il serpentone del Corviale per citare solo alcune delle realtà italiane sono diventati quartieri dormitorio utili solo alla crescita di fenomeni di rabbia sociale. Come in Stalker di Andreij Tarkovskij queste parti di città si sono trasformate in "zona", aree misteriose dell'immaginario collettivo, ma sono purtroppo ben lontane dalle visioni del regista russo. Cemento Armato è quindi un viaggio, un viaggio sociale, che svela la "Zona" nella sua dimensione umana.
Una misera condizione rapportata ad una realtà europea che mantiene e continua a percorrere gli stessi errori da millenni creando ciclicamente le identità dei diversi isolandoli nei ghetti sociali che ogni società crea per far vivere serenamente un’altra parte di città. La città “buona”.
Oppure Cemento Armato altro non è che un viaggio introspettivo. Uno specchio tra collettività ed individuo, dove ognuno, nella propria misura, conserva, protegge e nasconde un lato "oscuro", allontanandolo dalla società o confinandolo in un sottosuolo interiore, riproponendo l'eterno fallimento umano: non far comunicare le due parti di se, continuando a creare quella doppia personalità necessaria per il quieto vivere della parte buona da mostrare in pubblico.
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