Le Figlie di O
"Quanto a ciò verso cui tendi, è qualcosa di grande, di eccelso, di vicino a dio, l’imperturbabilità." Seneca, De tranquillitate animi Le Figlie di O, figure fantastiche generate sul grado zero al confine tra terra e cielo, algide creature incorniciate da barocche gorgiere non temono lo sguardo di chi le osserva. Appartengono a un mondo "altro" dove il bene e il male sono fusi come sostanza delle cose. Esse stesse, simili a creature mitologiche, come antiche Ninfe incarnano la natura e la proteggono: Alseidi per i boschi, Anthuse per i fiori, Nereidi per i mari, Idriadi per le sorgenti. L'artista le ha fatte sbocciare sulle sue mani in una vorticosa danza rituale che si avvolge senza sosta nei bellissimi disegni a inchiostro per rallentare in una precisa pittura "rinascimentale" carica di simbologie e di codici spesso indecifrabili. Le figlie di O hanno scelto di affacciarsi a piccole finestre che danno a questo mondo per consegnarci il fuoco di Prometeo: l'atarassia. Un senso di completezza, di serenità dal quale però dobbiamo essere pronti a sfuggire quando lo spirito lo richiede: " Non può raggiungere mete sublimi ed elevate chi è sempre padrone di sé: è necessario che si allontani dalla solita strada e abbia un’impennata verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove egli da solo avrebbe avuto paura a salire" ( Seneca) Queste affascinanti creature, poste nel punto di fuga su cui Paolo Uccello sperimentò le sue battaglie prospettiche e Botticelli le morbidezze plastiche, sorgono all'orizzonte del contrario del mondo che veneriamo e del mondo che viviamo e che siamo. A noi la decisione di essere presi dallo sgomento o restare ancora un attimo in contemplazione, rapiti da sguardi che promettono di non promettere. Efisio Carbone
Le Figlie di O
"Quanto a ciò verso cui tendi, è qualcosa di grande, di eccelso, di vicino a dio, l’imperturbabilità." Seneca, De tranquillitate animi Le Figlie di O, figure fantastiche generate sul grado zero al confine tra terra e cielo, algide creature incorniciate da barocche gorgiere non temono lo sguardo di chi le osserva. Appartengono a un mondo "altro" dove il bene e il male sono fusi come sostanza delle cose. Esse stesse, simili a creature mitologiche, come antiche Ninfe incarnano la natura e la proteggono: Alseidi per i boschi, Anthuse per i fiori, Nereidi per i mari, Idriadi per le sorgenti. L'artista le ha fatte sbocciare sulle sue mani in una vorticosa danza rituale che si avvolge senza sosta nei bellissimi disegni a inchiostro per rallentare in una precisa pittura "rinascimentale" carica di simbologie e di codici spesso indecifrabili. Le figlie di O hanno scelto di affacciarsi a piccole finestre che danno a questo mondo per consegnarci il fuoco di Prometeo: l'atarassia. Un senso di completezza, di serenità dal quale però dobbiamo essere pronti a sfuggire quando lo spirito lo richiede: " Non può raggiungere mete sublimi ed elevate chi è sempre padrone di sé: è necessario che si allontani dalla solita strada e abbia un’impennata verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove egli da solo avrebbe avuto paura a salire" ( Seneca) Queste affascinanti creature, poste nel punto di fuga su cui Paolo Uccello sperimentò le sue battaglie prospettiche e Botticelli le morbidezze plastiche, sorgono all'orizzonte del contrario del mondo che veneriamo e del mondo che viviamo e che siamo. A noi la decisione di essere presi dallo sgomento o restare ancora un attimo in contemplazione, rapiti da sguardi che promettono di non promettere. Efisio Carbone
Le Figlie di O
"Quanto a ciò verso cui tendi, è qualcosa di grande, di eccelso, di vicino a dio, l’imperturbabilità." Seneca, De tranquillitate animi Le Figlie di O, figure fantastiche generate sul grado zero al confine tra terra e cielo, algide creature incorniciate da barocche gorgiere non temono lo sguardo di chi le osserva. Appartengono a un mondo "altro" dove il bene e il male sono fusi come sostanza delle cose. Esse stesse, simili a creature mitologiche, come antiche Ninfe incarnano la natura e la proteggono: Alseidi per i boschi, Anthuse per i fiori, Nereidi per i mari, Idriadi per le sorgenti. L'artista le ha fatte sbocciare sulle sue mani in una vorticosa danza rituale che si avvolge senza sosta nei bellissimi disegni a inchiostro per rallentare in una precisa pittura "rinascimentale" carica di simbologie e di codici spesso indecifrabili. Le figlie di O hanno scelto di affacciarsi a piccole finestre che danno a questo mondo per consegnarci il fuoco di Prometeo: l'atarassia. Un senso di completezza, di serenità dal quale però dobbiamo essere pronti a sfuggire quando lo spirito lo richiede: " Non può raggiungere mete sublimi ed elevate chi è sempre padrone di sé: è necessario che si allontani dalla solita strada e abbia un’impennata verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove egli da solo avrebbe avuto paura a salire" ( Seneca) Queste affascinanti creature, poste nel punto di fuga su cui Paolo Uccello sperimentò le sue battaglie prospettiche e Botticelli le morbidezze plastiche, sorgono all'orizzonte del contrario del mondo che veneriamo e del mondo che viviamo e che siamo. A noi la decisione di essere presi dallo sgomento o restare ancora un attimo in contemplazione, rapiti da sguardi che promettono di non promettere. Efisio Carbone
Le Figlie di O
"Quanto a ciò verso cui tendi, è qualcosa di grande, di eccelso, di vicino a dio, l’imperturbabilità." Seneca, De tranquillitate animi Le Figlie di O, figure fantastiche generate sul grado zero al confine tra terra e cielo, algide creature incorniciate da barocche gorgiere non temono lo sguardo di chi le osserva. Appartengono a un mondo "altro" dove il bene e il male sono fusi come sostanza delle cose. Esse stesse, simili a creature mitologiche, come antiche Ninfe incarnano la natura e la proteggono: Alseidi per i boschi, Anthuse per i fiori, Nereidi per i mari, Idriadi per le sorgenti. L'artista le ha fatte sbocciare sulle sue mani in una vorticosa danza rituale che si avvolge senza sosta nei bellissimi disegni a inchiostro per rallentare in una precisa pittura "rinascimentale" carica di simbologie e di codici spesso indecifrabili. Le figlie di O hanno scelto di affacciarsi a piccole finestre che danno a questo mondo per consegnarci il fuoco di Prometeo: l'atarassia. Un senso di completezza, di serenità dal quale però dobbiamo essere pronti a sfuggire quando lo spirito lo richiede: " Non può raggiungere mete sublimi ed elevate chi è sempre padrone di sé: è necessario che si allontani dalla solita strada e abbia un’impennata verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove egli da solo avrebbe avuto paura a salire" ( Seneca) Queste affascinanti creature, poste nel punto di fuga su cui Paolo Uccello sperimentò le sue battaglie prospettiche e Botticelli le morbidezze plastiche, sorgono all'orizzonte del contrario del mondo che veneriamo e del mondo che viviamo e che siamo. A noi la decisione di essere presi dallo sgomento o restare ancora un attimo in contemplazione, rapiti da sguardi che promettono di non promettere. Efisio Carbone
Le Figlie di O
"Quanto a ciò verso cui tendi, è qualcosa di grande, di eccelso, di vicino a dio, l’imperturbabilità." Seneca, De tranquillitate animi Le Figlie di O, figure fantastiche generate sul grado zero al confine tra terra e cielo, algide creature incorniciate da barocche gorgiere non temono lo sguardo di chi le osserva. Appartengono a un mondo "altro" dove il bene e il male sono fusi come sostanza delle cose. Esse stesse, simili a creature mitologiche, come antiche Ninfe incarnano la natura e la proteggono: Alseidi per i boschi, Anthuse per i fiori, Nereidi per i mari, Idriadi per le sorgenti. L'artista le ha fatte sbocciare sulle sue mani in una vorticosa danza rituale che si avvolge senza sosta nei bellissimi disegni a inchiostro per rallentare in una precisa pittura "rinascimentale" carica di simbologie e di codici spesso indecifrabili. Le figlie di O hanno scelto di affacciarsi a piccole finestre che danno a questo mondo per consegnarci il fuoco di Prometeo: l'atarassia. Un senso di completezza, di serenità dal quale però dobbiamo essere pronti a sfuggire quando lo spirito lo richiede: " Non può raggiungere mete sublimi ed elevate chi è sempre padrone di sé: è necessario che si allontani dalla solita strada e abbia un’impennata verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove egli da solo avrebbe avuto paura a salire" ( Seneca) Queste affascinanti creature, poste nel punto di fuga su cui Paolo Uccello sperimentò le sue battaglie prospettiche e Botticelli le morbidezze plastiche, sorgono all'orizzonte del contrario del mondo che veneriamo e del mondo che viviamo e che siamo. A noi la decisione di essere presi dallo sgomento o restare ancora un attimo in contemplazione, rapiti da sguardi che promettono di non promettere. Efisio Carbone
Le Figlie di O
"Quanto a ciò verso cui tendi, è qualcosa di grande, di eccelso, di vicino a dio, l’imperturbabilità." Seneca, De tranquillitate animi Le Figlie di O, figure fantastiche generate sul grado zero al confine tra terra e cielo, algide creature incorniciate da barocche gorgiere non temono lo sguardo di chi le osserva. Appartengono a un mondo "altro" dove il bene e il male sono fusi come sostanza delle cose. Esse stesse, simili a creature mitologiche, come antiche Ninfe incarnano la natura e la proteggono: Alseidi per i boschi, Anthuse per i fiori, Nereidi per i mari, Idriadi per le sorgenti. L'artista le ha fatte sbocciare sulle sue mani in una vorticosa danza rituale che si avvolge senza sosta nei bellissimi disegni a inchiostro per rallentare in una precisa pittura "rinascimentale" carica di simbologie e di codici spesso indecifrabili. Le figlie di O hanno scelto di affacciarsi a piccole finestre che danno a questo mondo per consegnarci il fuoco di Prometeo: l'atarassia. Un senso di completezza, di serenità dal quale però dobbiamo essere pronti a sfuggire quando lo spirito lo richiede: " Non può raggiungere mete sublimi ed elevate chi è sempre padrone di sé: è necessario che si allontani dalla solita strada e abbia un’impennata verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove egli da solo avrebbe avuto paura a salire" ( Seneca) Queste affascinanti creature, poste nel punto di fuga su cui Paolo Uccello sperimentò le sue battaglie prospettiche e Botticelli le morbidezze plastiche, sorgono all'orizzonte del contrario del mondo che veneriamo e del mondo che viviamo e che siamo. A noi la decisione di essere presi dallo sgomento o restare ancora un attimo in contemplazione, rapiti da sguardi che promettono di non promettere. Efisio Carbone
Le Figlie di O
"Quanto a ciò verso cui tendi, è qualcosa di grande, di eccelso, di vicino a dio, l’imperturbabilità." Seneca, De tranquillitate animi Le Figlie di O, figure fantastiche generate sul grado zero al confine tra terra e cielo, algide creature incorniciate da barocche gorgiere non temono lo sguardo di chi le osserva. Appartengono a un mondo "altro" dove il bene e il male sono fusi come sostanza delle cose. Esse stesse, simili a creature mitologiche, come antiche Ninfe incarnano la natura e la proteggono: Alseidi per i boschi, Anthuse per i fiori, Nereidi per i mari, Idriadi per le sorgenti. L'artista le ha fatte sbocciare sulle sue mani in una vorticosa danza rituale che si avvolge senza sosta nei bellissimi disegni a inchiostro per rallentare in una precisa pittura "rinascimentale" carica di simbologie e di codici spesso indecifrabili. Le figlie di O hanno scelto di affacciarsi a piccole finestre che danno a questo mondo per consegnarci il fuoco di Prometeo: l'atarassia. Un senso di completezza, di serenità dal quale però dobbiamo essere pronti a sfuggire quando lo spirito lo richiede: " Non può raggiungere mete sublimi ed elevate chi è sempre padrone di sé: è necessario che si allontani dalla solita strada e abbia un’impennata verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove egli da solo avrebbe avuto paura a salire" ( Seneca) Queste affascinanti creature, poste nel punto di fuga su cui Paolo Uccello sperimentò le sue battaglie prospettiche e Botticelli le morbidezze plastiche, sorgono all'orizzonte del contrario del mondo che veneriamo e del mondo che viviamo e che siamo. A noi la decisione di essere presi dallo sgomento o restare ancora un attimo in contemplazione, rapiti da sguardi che promettono di non promettere. Efisio Carbone
Le Figlie di O
"Quanto a ciò verso cui tendi, è qualcosa di grande, di eccelso, di vicino a dio, l’imperturbabilità." Seneca, De tranquillitate animi Le Figlie di O, figure fantastiche generate sul grado zero al confine tra terra e cielo, algide creature incorniciate da barocche gorgiere non temono lo sguardo di chi le osserva. Appartengono a un mondo "altro" dove il bene e il male sono fusi come sostanza delle cose. Esse stesse, simili a creature mitologiche, come antiche Ninfe incarnano la natura e la proteggono: Alseidi per i boschi, Anthuse per i fiori, Nereidi per i mari, Idriadi per le sorgenti. L'artista le ha fatte sbocciare sulle sue mani in una vorticosa danza rituale che si avvolge senza sosta nei bellissimi disegni a inchiostro per rallentare in una precisa pittura "rinascimentale" carica di simbologie e di codici spesso indecifrabili. Le figlie di O hanno scelto di affacciarsi a piccole finestre che danno a questo mondo per consegnarci il fuoco di Prometeo: l'atarassia. Un senso di completezza, di serenità dal quale però dobbiamo essere pronti a sfuggire quando lo spirito lo richiede: " Non può raggiungere mete sublimi ed elevate chi è sempre padrone di sé: è necessario che si allontani dalla solita strada e abbia un’impennata verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove egli da solo avrebbe avuto paura a salire" ( Seneca) Queste affascinanti creature, poste nel punto di fuga su cui Paolo Uccello sperimentò le sue battaglie prospettiche e Botticelli le morbidezze plastiche, sorgono all'orizzonte del contrario del mondo che veneriamo e del mondo che viviamo e che siamo. A noi la decisione di essere presi dallo sgomento o restare ancora un attimo in contemplazione, rapiti da sguardi che promettono di non promettere. Efisio Carbone
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