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I ritratti sono stati realizzati in zone differenti, nello specifico quest'opera fa parte della serie realizzata nelle Cuevas di Granada, case scavate nella roccia alla periferia della città, ai piedi del Sacromonte. Organizzate in gruppi definiti “barranchi”, tali strutture abitative offrono agli occupanti la possibilità di una vita lontana dalle comuni dinamiche sociali. Il costante movimento della terra che tende a riappropriarsi dello spazio sottrattole contrasta con la sensazione di stabilità manifestata dai, seppur pochi, elementi di arredo.
Ogni ritratto della serie è un’ opera a sé che esprime l’individualità del singolo personaggio, attraverso un approccio di tipo antropologico intimo, si è scelto di non osservare nessuna serialità di tipo fotografico-documentaristico tra un ritratto e un altro.
L’opera in questione ritrae uno degli esponenti più importanti della comunità senegalese presente nelle Cuevas. Da anni egli si occupa di aiutare persone in difficoltà come lui, sia connazionali che non. La sua cueva è aperta a tutti e spesso, in prossimità di questa, si svolgono vere e proprie cerimonie tipiche della sua cultura, alle quali è possibile assistere su invito.
I ritratti della serie, nascono dopo un periodo di convivenza a stretto contatto con gli abitanti delle Cuevas che ha permesso di instaurare un rapporto di fiducia e amicizia tradotto in scatti dall’atmosfera intima e dall’ambientazione domestica. La posa e il luogo sono decisi di comune accordo, tra soggetto e artista, e restituiscono un racconto dettagliato della persona e del suo modo di vivere. Ogni persona ritratta è stata invitata a scrivere una propria riflessione, riportata in forma di didascalia e titolo di ogni immagine. In tal modo, ogni testo arricchisce il racconto visivo, attraverso l'unione dei linguaggi visivo e verbale. Ne risulta un binomio in grado di raddoppiare il piano comunicativo dell'opera. Le immagini non sono una documentazione distaccata del loro modo di vivere, ma ne sono quasi una “celebrazione”.
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