umano, troppo umano!

umano, troppo umano!

2016 -Trittico di pastelli ad olio e inchiostro di china su carta giapponese, carta di banano, carta di ulivo montati su cornice di carta di riso - 200x200cm

Testo a cura del critico d’arte prof. Furio Donato do Nascimento:

“La pratica dell’osservazione e non della semplice visione è richiesta dall’artista, attraverso quest’opera illusoriamente bi-croma. La rottura dell’apparente asetticità del bipolarismo cromatico, attraverso la riproposizione manuale del codice QR, permette la fuoriuscita dal quietismo ordinario, fino a condurre gradualmente lo spettatore attraverso spazi inesplorati. La percezione è allora scossa dalla molteplicità di sfumature inattese.
La pura composizione astratta, priva di rappresentazione, dialoga con la soggettività più profonda dell’individuo; nel modo in cui ognuno dispone tale agglomerato di materia, ossia in cui ognuno la interpreta e la analizza seguendo unicamente il principio di una necessità interiore, una diversa individualità si configura. La riproposizione manuale del codice, strumento abituale ormai al nostro sguardo digitalizzato, permette di collocarlo in una nuova dimensione. Lo spettatore diviene egli stesso interprete di QR-Code. Tuttavia ciò che lo spettatore scopre attraverso l’operazione di decodifica, è l’impossibilità di trovare un senso o una direzione univoca. Piuttosto che prendere il codice come simbolo predefinito e standardizzato (che rimanda al mondo digitale, al web, ad un link), si viene catturati dal dettaglio insignificante, eppur decisivo per l’apertura dello spazio della libertà in cui la gradazione e la differenza riconquistano la loro carica originaria. Il codice diviene un geroglifico virtuale la cui lettura piuttosto che rimandare a un messaggio inequivocabile, apre al baratro dell’insensato e del possibile. La libertà emerge quando decade la dittatura del rappresentativo, essa accorre trionfante a colmare lo spazio vacante dall’assenza rappresentativa.
L’opera ha come obiettivo quello di ridare corpo e movimento a ciò che c’è di più asettico, sottoponendolo al libero arbitrio e alla sensibilità individuale, la quale si scopre portata naturalmente a cogliere nelle sfumature vibranti e non più seriali generate davanti ai suoi occhi un senso, un indirizzo, un messaggio da decriptare. La scoperta drammatica dell’assenza di un cammino o di un percorso o di un messaggio pre-definito, obbliga lo spettatore all’osservazione, alla ricerca. Tuttavia non è nel messaggio celato che l’artista intende sollevare l’attenzione dello spettatore-interprete, ma è nella pura interrogazione e ricezione attiva che si richiede di fronte all’osservazione degli elementi dell’opera, ognuno irriducibilmente differente dagli altri. Nel risvegliare l’attenzione sensoria ormai sopita e archiviata dalla schizofrenia e serialità abitudinarie, l’irripetibilità del singolare e la sua osservazione riprendono vita e potenza attraverso la materia pulsante: si scorge allora che il bianco non è assenza o privazione, ma presenza palpitante capace di generare virazioni, di far vibrare l’animo umano aprendo spazi interminati e sovrumani.”

pagina web: http://www.matteomancini.net/#!umanoita/dvk7v

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