back to the forest-blue eyes

back to the forest-blue eyes

Scultura, Figura umana, 40x85x28cm
attendono, stanno, pensano, guardano diritto, questi
adolescenti sospesi. che sembrano distanti, ma sono decisi,
la loro tensione è una decisione. una cosa, per certo, non
fanno: non riposano. sono ben desti, gli occhi aperti e
desti, e non battono ciglio. essere svegli significa essere
vivi. frontali. ghiaccio vigile. si oppongono, in virtù di una
postura statica. ma non sono fermi. il blocco è deliberato.
è attenzione, silenzio, ascolto. non sono in quiete, questi
ragazzi. c’è un tremito sepolto in loro, di ribellione, di
rifiuto. non una reazione estroversa. piuttosto un’energia
reattiva accumulata e concentrata, che promana dagli
angoli, tagli, bustinclinati, corpintensione, dalle bocche
e dagli occhi-colli-spalle-torsi, di queste creature non
assimilate, non integrate, aggressivamente mute, in
contrasto. un mondo, rado, popolato da giovani, ben fermi,
singoli e separati, che non paiono civili. assumono questa
posizione, di blocco, critica, per opporsi a ciò che vedono e
respirano e attraversano e li attraversa e definisce.
al grigio, all’inerzia e al confinamento contemporaneo,
all’impermanenza. sfidano e rifiutano l’inciviltà
dell’incivilimento, questi adolescenti scavati fuori da de
martin topranin, che sono soldati, anche quando sono
angeli. chiusi nelle loro divise quotidiane, che vengono
dalla strada. da un mondo edificato sui precetti d’immagine
e comunicazione e icona, fuggevoli, volatili. in cui si son
persi i riferimenti e i rapporti diretti con l’esterno, e con
l’interno, e dove essi, isolati-raggruppati, han trovato rifugio
in una nuova, introversa, tribalità urbana. senza sorriso,
senza parole, si oppongono, con un gesto (gesto scolpito).
ma questo rifiuto, del troppo macinare l’andare e il parlare,
si concentra nelle pose plastiche che sono -dolci e dure- di
guerra. i ragazzi, desti e muti, non rinunciano ad essere,
non cristallizzano il loro malessere in una postura definitiva
e chiusa. reagiscono. dobbiamo imparare a risvegliarci e
a mantenerci desti, non con aiuti meccanici ma con una
infinita speranza nell’alba. nuova alba ancora livida, che
ridisegnano, da sè, vestendo il proprio rifiuto d’ironia,
ecco la piega beffarda d’ironia. gli adolescenti di de martin
topranin, semplicemente, non vogliono più restare nello
spazio in cui si sono trovati ad esistere. lo spazio della loro
contemporaneità non è pulito, non è reale. la realtà non è
vivida. (più dipinta che scolpita). la cultura in cui giacciono,
è intrisa e satura d’artifici, velocità, distanze dal sè, processi
di abbandono e allontanamento, prassi d’incoscienza.
ecco il perchè di quello sguardo fermo, il blocco vitreo,
l’opposizione, il rifiuto, il distacco. la natura -dell’uomo,
della terra- è oramai lontana, sembra perduta. la distanza
dell’uomo dalla natura, dallo spazio reale, è cresciuta. egli è
isolato ormai, in una bolla sospesa, fuoriterra. i ragazzi di de
martin topranin hanno deciso di tornare alla terra, al bosco.
escono dalla città, che li tra-veste, ne genera l’involucro
contemporaneo, ma non ha potuto ancora intaccarne
l’identità profonda e lo sguardo. certo: ipod, jeans, spray.
ma lo sguardo non è sperso, non vagola, ancora cercano.
disorientati, ma non perduti. hanno deciso di rientrare.
tornano, lenti, al bosco. back to the forest. ritrovare un
alveo primigenio, più pulito, forte, fresco, reale, integrale.
il loro abito è quello della città, che esce dalla strada, dai
muri, dai comics. street-art e marvel, hanno nutrito questi
ragazzi, la loro estetica, il loro costume. ma nutrito quanto?
ora essi tornano, a riconquistare lo spazio della terra, del
bosco, a cercare la disintossicazione, la riappropriazione,
la respirazione. attraverso il silenzio, attraverso il lavoro, il
lavoro con l’ascia, semplice lavoro diritto di scure nel bosco
e sulla terra. qui c’è il vento tra le fronde, e ci sono gli odori.
non ancora gli uccelli, nè i suoni gentili, nessuna agevole
gioia silvestre. uno spazio attivo di decontaminazione,
prova, ricerca, speranza, combattimento. tornare non è
facile, il vuoto va ricolmato, ricominciare ad ascoltare.
ancora nella solitudine, ma disposti all’ascolto, alla caccia
di sensi, reazioni. gli occhi aperti, il primo segno. il risveglio
dei sensi. sentirsi dentro, dentro a qualcosa, che fluisce e
muove. non più fuori, isolati. i moti nuovi.

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