Mappe (Keine Hälfte der Welt kann ohne die andere Hälfte der Welt überleben)
La pelle come finissimo limite tra il se e l’altro;
Lamina di non luogo, membrana che selettivamente permette la sopravvivenza dell’organismo contenuto, filtrando quello che dovrebbe o potrebbe (o no) entrare.
Le mappe, come textura epidermica visuale, e i muri sono presentati come metafora della pelle dal selettivo filtraggio, prendendo in considerazione per questo progetto le odierne politiche post coloniali razziste.
Nelle mappe sfuocate sono definibili solo dei numeri; non circoscrivono uno spazio nella nostra esperienza diretta. E’ solo con una protesi tecnologica che possiamo scoprire quali e dove sono alcune di queste pelli-muri-filtri.
E’ una selezione di mappe, di non visioni, che rappresentano varie tipologie di muri:
Muri elettrificati delle Gated Communities in cui ceti abbienti si trincerano dai pericoli dell’insicurezza sociale; muri delle favelas eretti da una visione che stigmatizza e criminalizza la povertà; muri in zone sensibili del mondo che cercano di impedire il passaggio di popolazioni transeunte in ricerca di una vita dignitosa; muri che impediscono la libera circolazione di popolazioni vicine.
La prima foto della serie mostra una vecchia mappa pre-caduta del muro di Berlino (presa da un’ambasciata tedesca) su cui capeggia una scritta a grandi lettere: Nessuna metà del mondo può sopravvivere senza l’altra metà.
E’ il cosiddetto terzo mondo, nelle continue relazioni di forza, che troppo spesso ha ricevuto e riceve i violenti e continui attacchi politici economici e militari perpetrati dal “primo” mondo. Attacchi ai vari tentativi e progetti di costruzioni democratiche, o a nazioni la cui sovranità e popolazioni con le loro generazioni future vengono reiteratamente dilaniate. In generale, è il terzo mondo che serve come serbatoio da cui pompare (contaminando) le materie prime che sostentano la normale ricchezza occidentale a cui siamo abituati. Lo standard del Primo non sarebbe possibile senza i sistematici abusi sul Terzo.
Il più contundente e pericoloso dei muri a mio avviso rimane comunque l’opacizzazione della percezione che abbiamo del reale, dell’altro. Percezione modellata da distorte e reiterate politiche e cronache del reale, spezzettate dagli specchi dei media in milioni di riflessi che rendono arduo la produzione di una narrazione etica della realtà.
Anche se abbiamo a disposizione tecnologie di ricerca e visione super complesse e penetrative (satelliti, google earth, security cams, border scans, phone gps etc), l’accesso critico, da parte della popolazione, a informazioni o immagini di questo racconto del reale, rimane abbastanza elusivo ed elitario. Nella fantastica mappatura fotografica in super HD, è comunque Google Earth che decide cosa mostrare e cosa no.
La pelle, i muri, le mappe sono sempre una costruzione fittizia; una questione politica.
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