Era tutto così normale da fare paura.
Il lavoro è basato su un testo della scrittrice catalana Eva Forest che raccoglie le personalissime testimonianze di tre donne basche, detenute e torturate assieme all’autrice stessa, nel carcere di Yeserìas, Madrid, durante la sua reclusione dal 1974 al 1977, durante quel periodo di presunta democrazia, che seguì la morte di Franco e quindi la fine dell’autarchia che aveva isolato la Grande Spagna dal 1939.
Tre testimonianze raccontate da una quarta vittima, tre donne che parlano da un punto di vista personale e non politico delle violenze subite durante il periodo di detenzione che è avvenuto in Spagna negli anni settanta ma che avrebbero potuto avere “luogo in qualsiasi momento della storia”.
Il tabù storico-politico riguardo gli episodi da insabbiare od omettere, perché vedevano, e vedono, protagonista questa barbara consuetudine (utilizzata sia come mezzo punitivo efficace, che come pratica utile per l’estorsione di confessioni), si fonde alle storie personali delle tante vittime, che non hanno dimenticato ma che cercano di dimenticare l’orrore subito (”far si che i ricordi (…) si risveglino dal sonno profondo in cui sono stati relegati) durante il periodo di detenzione, una specie di tabù personale per preservare se stessi: ”Raccogliere l’esperienza personale e renderla collettiva, poi confrontarla e avere la certezza che è stata la storia e non la follia.”
Formalmente il tutto si fonde in un ambiente tanto composto e calmo da risultare inquietante; all’apparenza tutto è calmo, ordinato, "normale" ma c’è qualcosa che non va, qualcosa di destabilizzante; è la punta dell'iceberg di un mondo quasi invisibile che scorre parallelo alle nostra vite altrettanto normali.
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