Noel Gazzano (2015) La Fine di un'Era. Performance, 133'.

NOEL GAZZANO (2015) LA FINE DI UN'ERA. PERFORMANCE, 133'.
Fucile Bernardelli a canna doppia, indumento d'epoca, filo di cotone e uncinetto.
ARTIST STATEMENT
Cos'è la violenza? Abbiamo tutti un fucile vicino o lontano con cui fare i conti. Ma come?
Vengo da una famiglia di uomini violenti con le donne. Mio padre ereditò questo fucile da suo padre; ora che lui non c'è più, ironicamente è diventato mio.
Tabù parlarne. Tabù infrangere il silenzio omertoso che protegge l'immagine pubblica. Vergogna privata delle vittime. Donne interrotte, rabbiose per una cultura di impotenza: tabù ammetterlo. Anestetizzate affettivamente, hanno rinunciato ad essere attori sociali, inconsapevolmente portando avanti il sistema violento che le ha annichilite. Violente anch'esse? Tabù pensarci.
Ed io? Parlo perché sono artista? A che prezzo?
Questo è il garage di mio padre. Indosso una camicia da notte inizio Novecento come quella di mia nonna e delle generazioni prima di lei. L'uncinetto, da simbolo di domesticità passiva, per me incarna la resilienza di chi rende muta la violenza con un paziente lavoro quotidiano, senza perdere sé stessa, la propria umanità, fantasia, speranza. Faccio parte di una Storia che voglio cambiare.
Non ho fatto prove. Non avevo mai toccato quel fucile. Non sapevo che il filo sarebbe finito. Vita vera. Ho denudato il mio corpo per preservare la mia integrità, ma così facendo ho ingenuamente aperto il vaso di pandora di ulteriori tabù: cos'è il corpo di una donna? Non c'è tabù peggiore di quello non visto perché creduto superato. “E' per essere apprezzata e quindi deve avere una certa forma”, dice la cultura dominante; “oppure è per fare figli”. “E' per esprimere me stessa e quindi è come è”, dice l'artista; “a volte ci si fa un figlio, a volte no”. Tabù, tabù.
Denudarsi di fronte alla violenza? Sì: perché comprendendola ne diventiamo immuni. Ed io l'ho compresa, almeno in parte. Ho osservato le pupille dilatate di chi odiava il mio pensiero libero. Ho visto che le dimensioni geopolitiche della violenza hanno pur sempre una sorgente intrapsichica individuale: la banalità del male di Hannah Arendt, ciò che gli psichiatri chiamano anaffettività.
E allora regalo il mio ultimo briciolo di bellezza per neutralizzare la violenza, ma poi me ne vado. Il mio lavoro è finito. C'è una tela bianca ora dove prima era la follia. Ma quella tela non è per me. Io vado altrove nella mia nuova nascita. Libera.
Registrazione integrale della performance: https://www.youtube.com/watch?v=tWTuBEAdYpY

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