I MIEI MITI / MYTHS OF MINE

I MIEI MITI / MYTHS OF MINE

Interpreto, facendone anche degli autoritratti, eroi della mitologia e le loro storie ma sottratti dall'epilogo tragico che noi conosciamo e per il quale sono conosciuti e indicati come moniti e insegnamento. Essi deragliano dal loro classico e paradigmatico destino per avere una diversa conclusione e diventare simboli di altro, in primis di una mia personale mitologia esistenziale. Sono nuovi, sono miei. Un dettaglio cambia la narrazione per portarli ad un esito diverso e felice, perlomeno non mortale. Orfeo "suona" un oggetto bizzarro e non volge indietro la testa, Narciso distoglie la contemplazione dal suo volto riflesso, Achille fissa la freccia dirottata che lo ha risparmiato e Ulisse non guarda il mare. Sono eroi che ci riprovano.

"Luogo di indagine e di espressione dell'io, la sua pittura raccoglie la necessità di un dialogo intimo con se stesso, che lo spinge ad uno spiccato egotismo, cioè alla tendenza a parlare di sé tramite sé. L'autoritratto dunque rimane il tema prediletto di moltissime sue opere, mentre la sua linea prosaica, 'schiava di una precisa razionalità descrittiva', quasi fotografica per la sua aderenza al vero, vuole sempre narrare qualcosa. E' il caso di 'Achille (o la morte)', dipinto in cui il pittore impersona l'eroe omerico evocando tutta la potenza espressiva del mito. La tragicità del momento però viene ironicamente spezzata dal particolare del dardo che si pianta nel terreno, non distante dal tallone...Questa rivisitazione in chiave positiva e in qualche modo autoreferenziale sfida quel racconto centenario per lasciare la speranza di un destino diverso anche a chi sembrava predestinato. O forse, più di una speranza, un elegante e silenzioso invito alla ribelione...Certo è che non viene meno la solennità all'immagine, sia per le dimensioni imponenti del quadro sia per lo sfondo di luce bianca su cui si staglia. La tela, in modo quasi caravaggesco, diventa un fascio di luce selettiva o elettiva che proietta tutta l'attenzione sulla figura, tanto che il dettaglio della freccia rimane quasi in secondo piano. La luce restituisce all'eroe la nobiltà attribuitagli dai poemi omerici, evidenziandone però una tragicità diversa, di chi, scampato alla morte, guarda attonito il dardo come memento mori e si chiede: e ora?" Viola Mancini

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