Non ricordo mio padre
La memoria ha una geografia frammentata. L'uomo è astrazione, divide sè stesso in porzioni di inconscio in uno spazio metafisico. L'opera affonda le radici nell'infanzia, una freudiana epifania in toni di grigio tra accenni sbiaditi di una figura paterna anelata e imenticata. Ecco il suo riaffiorare nel caos, in uno "stream of consciousness", confuso e ingolobato in piccoli cenni cromatici rassicuranti. Un padre nostro ombelicale, schizofrenico, spezzato dalle sinapsi e ricomposto in nuovi codici esistenziali. Spazi bianchi su tela come pausa in composizione, il riposo del pensiero, l'interruzione del lusso. Il tono di colore, acceso e accesso, si fa squarcio grafico e genera nuove possibilità, una porta per memorie ignote. Ricercare e ricreare il sè, rielaborare l'io, questo il compito dell'uomo nel riverberare di un altro sè puerile, tra scie sfocate di bosco o vecchie dimore trascurate, in un deflagrante processo di ristrutturazione.
Siamo molteplici, siamo unici. Eppure non ricordo mio padre.
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