The Unhappiness Repairer

Il metodo, pratica e professione che ho sviluppato per la mia tesi di master in social design si chiama “The Unhappiness Repairer” (il “Riparatore di infelicità”).
Questo metodo vuole suggerire empiricamente, attraverso un esperimento, come il design, in quanto progettazione di artefatti e la psicologia ed alcune delle sue teorie, possano essere combinate, di modo da progettare la felicità, rendendola un allenamento da poter attuare nella quotidianità. Ho iniziato a pensare a questo progetto grazie ad
alcune domande che spesso, in quando appassionata e ricercatrice del significato di felicità, mi sono posta: “Posso progettare la felicità?”, “Può il design essere utilizzato come disciplina per ricostruire se stessi?”. Uno degli approcci più utilizzati e conosciuti per riparare l’infelicità, è soprattutto comunicativo o contemplativo: pensando o parlandone si trova la soluzione per sentirsi felici riguardo ad alcuni problemi. Il mio desiderio era cercare di trasformare la felicità in allenamento, da imparare ed attuare, attraverso azioni e successivamente provocare un cambiamento del comportamento. Durante la mia tesi triennale ho sviluppato un manuale per curare le cattive abitudini (Il Manuale del
Perfetto Imperfetto) attraverso l’utilizzo di artefatti. Utilizzandoli ci fanno cambiare azioni e comportamento, curando successivamente le cattive abitudini. Ho chiamato questi oggetti “artefatti comportamentali”. La sfida della mia tesi di master è quella di inscrivere in questi artefatti la capacità di spingere il loro utilizzatore a cambiare il suo comportamento e punto di vista in un contesto o ambiente, percepito come avverso. A mio avviso questo significa imparare attivamente ad essere felici. Le mie ricerche hanno approfondito poi la relazione tra felicità - conoscere se stessi, la propria natura,
desideri e bisogni - e le influenze che interagiscono con essa, all’interno di contesti. Ad esempio, volendo essere provocatoria, la felicità è utilizzata come meccanismo per influenzare i desideri e i bisogni delle persone per accettare i contesti così come sono, piuttosto che combatterli. “Society and economy needs our unhappiness and social ineptitude to work”. Paul Watzlawick
Il mio metodo vuole aiutare le persone a distaccarsi dalle influenze che percepiscono e assorbono in contesti in cui si sentono infelici, delegando questa azione delicata all’uso di artefatti comportamentali. Usando questi artefatti, la persona viene forzata ad attuare azioni completamente differenti nel determinato contesto, cambiando quindi il comportamento così come lo schema di pensiero collegato a quella situazione. Gli artefatti, inoltre, aiutano la persona a capire la natura del problema e a sviluppare
soluzioni alternative per esso. Essi vengono creati osservando il comportamento abituale della persona nel contesto, compresi gli oggetti presenti. Ogni nuovo artefatto è il camuffamento, sostituzione, sabotaggio o modifica di un pre esistente oggetto di uso quotidiano, nel contesto (gli oggetti che sono attorno a noi, nei nostri contesti abituali, sono per me silenzioni abituali della nostra quotidianità). Considero come contesto una situazione in cui attori di differente natura (persone e artefatti) interagiscono tra loro e si influenzano. Con questo metodo ho delegato agli artefatti la capacità di ritrovare soluzioni alternative nei contesti.
Progettare la felicità, per me, significa aiutare le persone a capire cosa le rende infelici in determinate situazioni, imparare a distaccarsene e sviluppare un punto di vista personale differente, di modo da creare spazio per trovare direzioni come suggerimenti da seguire, per sentirci più felici. Queste azioni sono delegate agli artefatti creati così come alle modifiche all’interno delle situazioni prese in considerazione.

Riassumendo:
“Unhappiness Repairer” è professione e metodo che combina il design e la progettazione di artefatti comportamentali con alcune teorie psicologiche, con lo scopo di trasformare la felicità in un meccanismo da imparare, tramite il quale fare esperienza della quotidianità. La mia prima cliente si chiama
Ingrid e il video “From old place to new space” spiega come ho applicato il metodo per la prima volta. Ti suggerisco di guardare il video: https://vimeo.com/107858441
L’azione base del metodo è il sabotaggio: sabotando il contesto in cui una persona si sente infelice, attraverso la modifica degli oggetti (come silenziosi spettatori della tua quotidianità) già presenti in quel luogo, è possibile spingere una persona a cambiare azioni e comportamento, emanciparsi dalle influenze che percepisce, cambiare punto di vista sul contesto e sul problema, sviluppando e capendo una direzione da seguire, per sentirsi nuovamente felice.

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