Spazi di luce
La risposta: far riflettere lo spettatore su quell'aspetto impercettibile al tatto che la natura ogni giorno ci offre, il cielo.
Non solo una riflessione sulla luce, ma una ricerca di contatto più diretto con la natura. Per un attimo lo spettatore riuscirà ad abbattere quel noli me tangere, e si immergerà in una realtà altra, angoli di cielo, che nascono dalla luce.
Spazi che perdono la loro natura originaria e ne acquisiscono una nuova. In un ambiente chiuso e immerso di fumo, lo spettatore è costretto a scrutare lo spazio, percepirlo attraverso la luce; coni di luce che investono l’osservatore. Contro di lui si proietteranno i diversi mutamenti del cielo, video proiezioni di tutto ciò che solitamente è sopra le nostre teste, ma che per una volta è li in una stanza. Il tutto, però, funzionerà come in un cinema al contrario; lo spettatore, infatti, non avrà uno schermo di proiezione su cui vedere, ma ne diventa lui stesso uno. Inondato da tutte le tonalità cromatiche della natura, il risultato sarà proprio quello percepito dall’occhio umano quando solitamente guardiamo un paesaggio.
Non vediamo video proiezioni chiare del cielo, ma la percezione viene attivata al punto tale da non far nascere più nessuna sostanziale differenza tra la vista di una fotografia di un aurora boreale e ciò che lo spettatore ha la possibilità di vedere in Spazi di luce . Il gioco sottile, tra ciò che ricordiamo e ciò che vediamo, si fa sempre più forte.
L’immersione è totale, l’installazione diventa il tramite con ciò che solitamente è fuori dai contesti artistici: la salute e il benessere dell’individuo. Spazi di luce si fa carico delle nozioni sulla cromoterapia, donando all’osservatore le diverse tonalità del cielo, attraverso un accurato studio sui colori.
Non solo colori ma anche suoni: il benessere, infatti, passa anche attraverso il suono. Un altro quesito: possiamo ascoltare i colori? I diversi colori del cielo, campionati e indicizzati in un abaco, sono stati messi in correlazione con un ambiente di programmazione grafica realizzando una traccia audio che associa ad ogni colore una nota musicale. L’interazione con il suono e con lo spazio porta lo spettatore ad interagire con le forme dei coni luminosi che si adattano a seconda di uno sbattere di mani o di un urlo liberatorio.
La messa in scena, oltre ad inserirsi nel campo dell’exhibit design e dell’installazione artistica, si propone di diventare un evento che coinvolge il suo stesso pubblico. Spazi di luce si è avvalsa della collaborazione di diverse persone, che hanno contribuito a creare un abaco di diverse tonalità di cielo. Nei mesi precedenti alla realizzazione finale, sfruttando l’empowered involvement , sono state inviate tramite email e attraverso i social networks delle fotografie che hanno come soggetto un angolo di cielo.
Lo spettatore diventa osservatore, fruitore e co-autore al tempo stesso.
Si ragiona su un nuovo modo di concepire lo spazio, su come un'esperienza individuale diventi collettiva, nell'interazione tra corpi e sculture luminose, colore e suono; nell'essere insieme non solo nell'ambiente performativo, ma anche in quello creativo e di come una messa in scena possa diventare al contempo un evento partecipativo che sappia sfruttare al meglio i mezzi tecnologici a sua disposizione e la moderna rete sociale, attivando campagne di marketing virali ed efficaci, investendo e vestendo così lo spazio, di nuova luce.
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