Contessa: l'ultimo atto

Contessa: l'ultimo atto


CONTESSA


“A che è valso cercare e poi generare un figlio se poi non posso dargli certezza alcuna? Non ho fors’io tradito colui che in me tutto si fidava?”

Interpretazione personale della figura del conte Ugolino così come descritto da Dante nel canto XXXIII dell’ Inferno, Contessa è una madre ripresa nell’atto di divorare suo figlio per somma disperazione, per mancanza di prospettiva spirituale.
Polisemico simbolo è il papero scelto al posto del bambino: è il figlio progettato/realizzato grazie ad un programma di fecondazione assistita, è il figlio che sin d’ora non ha prospettive future, inchiodato nella sua condizione di eterno burattino/pupazzo, è il figlio/burattino/pinocchio costruito per non morir di solitudine.

Alle spalle della coppia, le foto di famiglia, una famiglia normale tutelata dagli angeli custodi ed appartenente ad un’era passata.
Contessa è invece la madre dell’epoca post-contemporanea; nell’immagine di lei il passato è chiaro ma il presente destabilizzante ed inespicabile.

NOTA: …e, comunque, il mio è uno sguardo ironico e scanzonato alla tragedia della famiglia post-contemporanea.

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