Memoriamatic

Memoriamatic

Due anni fa, ho scoperto che mio padre aveva iniziato a catalogare con meticolosa precisione tutte le nostre vecchie diapositive, segnando date e contenuto di ogni foto in due vecchi quaderni. Quando vi ho messo sopra le mani e ho iniziato a leggerli, sono affiorati alla mia mente ricordi che avevo rimosso, e ho dovuto prendere atto del fatto che molte cose che credevo di ricordare perfettamente erano in realtà sbagliate,
mentre mi pareva di aver vissuto eventi che invece non avrei potuto assolutamente ricordare.
Un senso di estraniante familiarità è venuto a galla anche nel guardare quelle foto che non avevano niente a che fare con me in prima persona, ma che ritraevano mio padre nella sua vita precedente alla mia nascita.
La riflessione che ne è scaturita, ha portato alla nascita di Memoriamatic, un progetto installativo che indaga il tema della memoria e si interroga sulla capacità della nostra mente di creare e distruggere la realtà che ci circonda.
Usando il mezzo fotografico, che per eccellenza si presta all’ambiguità del “vero” e del “falso”, ho costruito dei falsi ricordi - foto di famiglia rappresentanti il vissuto di una persona, diapositive di eventi che potrebbero essere accaduti o che avremmo voluto accadessero - assecondando la mia necessità di rispondere a una domanda: possiamo plasmare il nostro presente, “ingannando” il cervello nella modifica del passato?

La fotografia, attingendo all’immaginario comune dell’album di famiglia e della foto ricordo, diventa la metafora del nostro corredo genetico, sia di ciò’ che ereditiamo in maniera più o meno conscia, che di cio’ che possiamo modificare: un accumulo di memorie vere e false, percezioni e avvenimenti, sui quali possiamo operare una manipolazione attiva, duratura e, paradossalmente, “reale”.

Le diapositive qui presentate sono frutto della rielaborazione di vecchie foto di famiglia, scansionate e modificate a creare un ricordo nuovo, inesistente ma plausibile. Sono state poi ri-fotografate con la stessa tecnica, la diapositiva, per creare uno scarto ancora più forte tra reale e immaginario: si presentano così allo spettatore come piccole finestre affacciate sul nostro mondo interiore, nel quale si è invitati ad immergersi per scoprire cosa è vero e cosa no, o per decidere che, in fondo, la questione non ha importanza.

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