Archivio Comunista Friulano
Il lavoro vuole portare con forza l’attenzione dello spettatore sull’esistenza di realtà comuniste che possono essere da lui stesso percepite come sconosciute, anacronistiche o lontane dal proprio luogo di residenza. Una forma di contestualizzazione violenta che in forma esplicita crea un catalogo museale, in quanto le stesse sedi o case popolari sono intese a pieno titolo come musei della tradizione comunista italiana in forte crisi. Questa lunga e difficile fase di depressione-stagnazione, dovuta al problematico contesto politico e ad un più vasto e complessivo mutamento della società, sta infatti provocando la loro graduale chiusura e scomparsa. Una lunga decadenza riscontrabile dall’utilizzo delle immagini oggettive che documentano, soprattutto attraverso i dettagli del mobilio, una stratificazione temporale che può definirsi conclusa con gli anni novanta-duemila (parafrasando Enrico Berlinguer, la forza propulsiva della rivoluzione dei Soviet non si è solo arrestata ma sta retrocedendo a velocità crescente).
Quest’ultimo è il punto di forza decisivo del presente lavoro, la sua importanza dal punto di vista documentale, che a discapito di quello prettamente artistico, è senza dubbio destinato a crescere nel tempo. Infatti, delle sedi fotografate, una non esiste più e altre due chiuderanno nell’arco del 2014.
Commenti 1
Inserisci commento