Allungare. Può essere che non tutti abbiano le gambe giuste per predisporre un corteo di passi. Le strade sterrate hanno visto poca acqua in questo piovoso lustro. La tragedia ce l'avevamo nelle vene, quando ci si feriva in nome di qualche finta idea, di qualche isolato pensiero. Eravamo commedia, di quelle demenziali, che non seguirai mai troppo. Non ne avrai bisogno. Eravamo racconto di Natale, ci ascoltavano davanti ad un camino. Eravamo storia di notturni non credenti, che ci credevano fino a morirne. Eravamo rose su vasi di cenere. Tre centimetri allungano il carattere, allungano il passo dei fili di perle, del mercato del sole. Fanno crescere culture e foreste. Li portiamo al collo per mostrarli, sotto tessuti tecnici. Mi sarei potuta togliere i buchi, ma sarebbe un rinnegare una scelta presa in fretta tra il riso che cresceva ad aprile dei miei 13 anni. Che poi, anche gli steli dei fiori crescono, allungandosi verso l'inquinamento, che ci insegna la lezione del lunedì pomeriggio, lungo una vita intera. Ho allungato una gamba con una chiave inglese, perdendo la voce. io sono una che ruba parole e le tiene in ostaggio per usarle in tempi migliori. Mezzo giro verso il basso e poi dormi, spero. Ripeto, tre centimetri allungano il carattere. Segni grafici che pretendono il loro spazio dove non c'è posto. Non c'è posto, non per tutti. Ossature come cortecce di marmo economico, da poter modellare, queste sculture che ti sorreggono, dovrebbero secondo le canzoni. I baricentri spostati, ti permettono di vedere meglio, anche fossi il più miope, del secolo a venire. Anche fossi mitologicamente ciclopico. Hai un occhiale in più. Un occhio in più. Sensibile come la lana filata incolore appena indossata, dopo non esserti lavato. Avevo già scritto tremila poesie. Questa sera potremmo brindare con l'acqua che conservo dentro le ginocchia. Allungare per avanzare, non ti insegnano. I giorni più stretti di metallo, scrivevano che la naturalezza non è necessaria. Siamo nati semplici, non tutti sotto il segno del leone. E rimanere semplici è una presa di posizione, parallela ai binari che dritti e inossidabili, ti portano fin dove hai pagato il biglietto, alla sopravvivenza. Non respiro per mangiare solo o lavorare. Non sono andata in vacanza le estati, a Sopravvivenza. Cazzo io ho scelto di allungarmi le gambe. I treni hanno vagoni sporchi. Devo andare a piedi, con le gambe storte, puoi arrivare dappertutto. Così come puoi farlo allungando le cose. Allungando i segni. Allungando la natura. Allungando i materiali. Allungando i ricordi. Allungando le ore. Allungando i testi. Ricostruendo quello che ti hanno dato a un livello base. Allunghiamolo fin dove ci serve, anche fosse poco elastico nelle romantiche notti senza discorsi, sigillati nelle aorte, impacciati nei quadri d'acciaio appesi ai denti. L'archivio è pieno, bisogna iniziare a trovare spazio nel sangue. Possiamo ancora davvero ammettere di non cambiare mai, indossando una maglia che sembrava proteggerci? Allungo questo freddo che non sento e allungo il passo, gli alberi che hanno la mia età devono allungarsi, per me. Devono studiare la mia filosofia scura. Un gioco di passaparola che nel bosco si deve spargere. Un'orificenza a me. Un sussidio per superamento delle mie radici chirurgiche e di pensiero. Questa foresta, che più lunga, diventa per me scultura dell'artificio della stanza, quella senza campanello. Ho imparato a non pisciarmi più addosso, non so se sia il prologo o l'epilogo, ora che non ho più una gamba più corta. E la natura è la mia più bella fotografia di quando ero giovane.
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celeste,
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