LUX 1
Quelli che vediamo sono sei “finestre” rettangolari, di identiche dimensione, messe ad una precisa distanza (12cm l’uno dall’altro ), lucenti e smaltati, ma con la parte superiore in carta semitrasparente opaca di colore rosso.
In questo modo è visibile non solo il volume esterno, ma anche quello interno. La sequenza è appoggiata a terra, o meglio adagiata delicatamente su una superficie continuativa rispetto alla materia di realizzazione dell’installazione. Sono unità orizzontali, che si sviluppano, però, in verticale. Le proporzioni e gli intervalli tra materia e spazio sono attentamente studiate, e in armonia con il volume complessivo: le misure delle aperture rettangolari sono di 30cmx5cm, ed il modo in cui essi sono scanditi, e le relazioni tra l’uno e l’altro, sembrano pensati perché possano espandersi e invadere lo spazio. Ogni taglio contribuisce a creare una scultura unica e unitaria che, tuttavia, rimane sempre aperta: il volume e la prospettiva cambiano a seconda del nostro punto di vista, e il ripetersi delle aperture rettangolari sembra poter continuare all’infinito indipendentemente da noi. Si tratta di forme elementari, pure, classiche, che possiamo percepire nella loro essenza. E’ un’opera quasi astratta e geometrica, dalla fredda eleganza, da cui sembra essere stata bandita ogni soggettività, ogni firma personale.
Non ci sono “partiture” sovrapposte le une alle altre, ma la struttura plastica nasce dalla relazione tra valori formali puri, che sono il presupposto e il cuore di quella straordinaria concentrazione d’energia che allude all’assoluto e alla bellezza nella sua universale intangibilità. Sono forme compatte, chiuse, che non possono disintegrarsi.
L'oggetto fisico da supporto diviene elemento inscindibile della forma d'arte, opera. Esso può essere lasciato scoperto nella sua forma più elementare e primaria (parallelepipedo) ed assolverà ugualmente la sua funzione di campo di forze; vi si potranno inserire elementi che mutino la sua azione, la conformino diversamente, ma non si sostituiranno ad esso, non lo copriranno come la pittura tradizionale copre la tela o la tavola. Può quindi assumere forme diverse dalla bidimensionalità, può essere oggetto colorato e può assumere le forme dell'ambiente, sconfinando anch'esso dai limiti del prodotto mobile al cospetto del fruitore per divenire ambiente dove, e che il fruitore, può vivere, realizzando una più completa esperienza estetica.
Il prodotto artistico si identifica, così, con la sua struttura, la rappresentazione viene posta in secondo piano rispetto ad elementi come superfici, forme, angoli, spessore, distanze, colori, ecc. La forma non è più quindi espressiva, ma attiva, attraverso i messaggi ottico-percettivi che manda tramite la luce, lo spazio e il tempo. Il supporto, la materia, il colore, prendono il posto della rappresentazione.
Anche del semplice cartone, immobile sobrio e parzialmente modellabile, allontana dall’idea tradizionale dell’opera classica concepita per essere universalmente fruita.
E’ la “povertà” della forma a prendere il sopravvento o la delocupletizzazione del contenuto artistico? La spoliazione del “superfluo” sembra, in effetti, costituire il capo di un processo di cosciente e algido “raschiamento” gestaltico compiuto ad opera dell’ uomo. Ecco: l’Umano, soggetto e al contempo oggetto di una caratterizzazione che può essere transeunte o immanente, ma in ogni caso, creativa.
Marilisa Spironello
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