LuX Dominans

LuX Dominans

Installazione, Natura, Fantasia / Visionario, Minimal, Materiali vari, 40x160x40cm
Dall’esigenza interiore di evidenziare l’abuso del lavoro minorile nasce “Lux Dominans”. Quello dello sfruttamento dei più piccoli è, infatti, un problema globale e riguarda ormai ogni angolo della Terra. Migliaia di fotografie in bianco e nero potrebbero apparire davanti ai nostri occhi, raccontandoci altrettante storie di prevaricazione ed alienazione: i cucitori di palloni in Pakistan, gli intrecciatori di tappeti indiani, i raccoglitori di canna da zucchero in Brasile… non dimenticando i cinque milioni e mezzo di adolescenti che vengono impiegati negli Stati Uniti d’America.
La presente opera vuole essere il simbolo di questa piaga che devasta l’umanità odierna ed il popolo di domani, giacché i bambini di oggi saranno gli uomini del futuro prossimo. Pensare che essi portino con sé ferite indelebili deve farci riflettere - tormentarci, se è necessario - affinché l’indifferenza e l’egoismo non vincano questa ennesima sfida.
Si combatte con i segni, con le parole, con l’arte o con una lampada che rappresenta “in lungo” e racchiude globalmente i simboli di questa realtà, a partire dall’alto come in un percorso a tappe obbligate, ci si imbatte in lastre di legno taglienti e spigolose, che rappresentano il dolore, la sofferenza ed il male perpetrato nei confronti di bambini privati del loro stesso diritto di essere tali. E’ per questo che ogni piano quadrato è un taglio, una fenditura nel volume dello spazio circostante atto a rompere l’armonia della verticalità, contrastando con linee-forza nette e taglienti; e non si tratta di volumi solidi, ma di piani, di superfici che oscillano e che creano costante tensione visiva estendendosi dall’alto verso il basso. Piani neri, opachi, bui, come buio è il sentiero e le prospettive annullate per migliaia di bambini nel mondo; un buio sordo che lacera, un buio che sopraffa, ma che è a sua volta sopraffatto: il riscatto positivo, infatti, non tarda ad apparire. Non a caso in quegli stessi piani oscillanti appaiono impresse le ferite visibili, dalle quali sgorga il rosso vivo, la vita, la forza della speranza, la voglia di cambiare e di ricominciare, Nell’opera “Lux Dominans”, lo stesso titolo lascia presagire come personalmente si possa risolvere il gap sociale dello sfruttamento minorile: la Luce domina, la Luce vince! Quel rosso che pervade le ferite sulla superficie dei piani taglienti si espande e percorre in lungo l’intera installazione, assumendo la forma metaforica di “germogli” che portano in sé la rinascita, la vita che si rigenera. L’installazione è tutta percorsa da questi germogli: un flusso rosso sottile e uniforme che caratterizza l’intera struttura e tale da trafiggere fisicamente i piani neri e ricondurci emblematicamente ad una vittoria, ad una forza superiore vitale ed inarrestabile. Questo passaggio continuo è vitalmente rappresentato dal colore rosso, che, in antitesi alla pesantezza del materiale ligneo scuro, si riscatta con la levità e l’ineffabilità di una carta leggera ed evanescente, dalla quale si irradiano mille sfumature cromatiche. La corrente culmina in un accumulo di materia, in virtù del quale la struttura non si alleggerisce, ma, al contrario si carica, di sostanza e di chiarore.
Si giunge, così, alla fine di un percorso virtuale, dove il viaggiatore/protagonista è quello stesso energico movimento di cui il riferimento visivo più immediato è il germoglio percorrente appunto tale “cammino”, che è, al contempo, un cammino di speranza, di denuncia, di riscatto, di cambiamento. E’ la luce a cogliere la vita, la luce ad assorbire il germoglio; ed è ancora da questa fonte che si sviluppano altri germogli, altre vite, nuove speranze. Una fonte, la cui forma archetipa, sferica, rimanda ad un bulbo contenitore primario di vita, che appare segnato da prepotenti fenditure, dalla quale fuoriesce questa stessa luce. Una luce, che è portatrice sana di speranza, una luce volta ad illuminare soprattutto il “viaggio” dei bambini che oggi soffrono: la dimensione coesistenziale di questi ultimi, infatti, non può essere modificata, migliorata o cambiata se prima ad essere illuminati non siano le nostre stesse vite, i nostri cuori. Una luce tesa a sensibilizzare la vista, la mente, le azioni e le possibilità comunicative di ciascuno; una luce che possa, infine, abbagliare, sconvolgere, rompere gli schemi ed emozionarci! E qui il cerchio si chiude; un cerchio di pietre che è quasi l’incipit di un recupero reale alla nudità quasi assoluta dell’eidetica consapevolezza dell’uomo.

Marilisa Yolanda Spironello

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