Il quadro appartiene al ciclo delle “Vanitas” del quale G. Pagliasso ha scritto: ...Il medesimo registro di traslazione, arricchito però dalla condensazione-sovapposizione metaforica, si manifesta anche in “Vanitas”, pur apparendo più immediata la relazione col sublime contemplativo veicolata questa volta dal dipanarsi inquietante e sottinteso della finitudine. Intanto i soggetti trattati sono manichini e abiti, dipinti da originali fotografati nelle vetrine di ogni parte del mondo, quindi i primi simulacri-metafore mentre i secondi metonimie del corpo. L'atmosfera che aleggia in tutta le serie dei dipinti è contraddistinta da una sorta di rarefazione scenica, tanto che ogni 'quadro' sembra situato in un teatro metafisico…
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celeste,
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