Autoritratti Infernali
Si tratta di un progetto fotografico che si ispira alle opere del pittore austriaco Egon Schiele (1890-1918), esponente di spicco dell’Espressionismo viennese: attraverso l’uso del proverbiale specchio, che lui utilizza come mezzo di autoanalisi introspettiva, contempla il suo “doppio maligno”, una tematica molto antica e divenuta una vera e propria ossessione nel corso dell’Ottocento, in particolare nel Romanticismo, ossia il lato estraneo dell’Io, il suo alter ego demoniaco dal volto scarno. Partendo da questo concetto, ho sviluppato un progetto che si ispira allo stile pittorico di Schiele applicato all’autoritratto fotografico. Ho intrapreso questo percorso di autoanalisi in cui ripercorro il vasto corpus di opere di Schiele e cerco di riprodurre, attraverso la fotografia, le atmosfere alienanti e ansiogene, il segno grafico e lo stile dei suoi dipinti. In questo lavoro, dunque, è dedicata un particolare attenzione al volto- considerato lo “specchio dell’anima”, quindi veicolo del linguaggio non verbale- attraverso il quale ho cercato di riproporre l’essenza delle sue opere usando il mio volto come se fosse un supporto pittorico e cercando di simulare, mediante il makeup, le sue pennellate rapide e nervose, i colori violenti e innaturali, l’innaturalità dei gesti ed esagerando l’intensità espressiva del viso, per dare l’idea della sofferenza e del continuo conflitto tra la vita e la morte, che palesa un disfacimento psicofisico. Questa serie di autoritratti denuncia la malinconia esistenziale, più precisamente l’angosciante solitudine dell’individuo, qui espressa mediante uno sfondo completamente vuoto in cui i volti manifestano un’altissima tensione emotiva: a volte si contraggono in espressioni di dolore intenso, in altri casi appaiono come marionette dal volto inespressivo e altri ancora mostrano espressioni d’estasi erotica oppure rivolgono allo spettatore uno sguardo di allucinata follia. Le fotografie sono state realizzate con una fotocamera digitale reflex montata su cavalletto; ognuna è stata rielaborata al computer mediante Photoshop, applicando dei filtri fotografici dalle tonalità calde: rossi sanguigni, bruni, gialli pallidi, bianchi – rimanendo fedele alla tavolozza cromatica di Schiele- e dando maggiore risalto alle zone d’ombra in modo da dare un aspetto emaciato al volto. Da questa serie è stata selezionata una fotografia, successivamente incorniciata con passepartout, per essere esposta durante l’evento Art Night- La Notte degli Oscar il 21 giugno 2014 presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Per concludere, lo scopo di questo progetto è quello di cogliere l’essenza dell’arte di Schiele e reinterpretarla in modo personale tramite un mezzo espressivo totalmente asettico qual è la fotografia: utilizzando me stessa come modella mi sono appropriata della sua arte per divenire io stessa opera d’arte vivente, una “sosia maligna” dai tratti alterati il cui volto manifesta i segni di un malessere interiore.
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