Ero

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Ero

È un’istallazione di nove immagini circolari del diametro di 16cm cadauna. Si tratta di stampe inkjet su carta di pino fatta a mano. Le stampe sono il frutto di più stratificazioni e passaggi alla stampante. La qualità della stampa, più che la nitidezza dell’immagine, mostra la compenetrazione dell’inchiostro “nel” supporto in un rapporto che non le vede autonome e scisse, bensì comunicanti fino all’autoreferenzialità e all’annebbiamento del soggetto. Le figure sono scansioni di foto di famiglia e compongono nell’insieme la parola “ero” nell’alfabeto braille (per ciechi). "Ero" è l’assuefazione e la dipendenza che si trae da una foto: un feticcio che mostra un non più esistente, ci porta in relazione a un tentativo di riconoscimento in essa. Dire “ero io” è il frutto di una droga rassicurante definita come memoria.

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