Getting Through "Child Of Tree"

Getting Throught “Child of Tree” si costituisce a partire dall’interpretazione dell’opera Child of Tree di John Cage. L’azione stabilisce un confronto teorico con la concezione della performance nelle diverse declinazioni di happening, musicircus e alea proprie dell’artista americano, e compie una genealogia del performativo attraverso la sovrapposizione di dimensioni pratico-concettuali correlative: ludico e rituale, durata e tempo, movimento e inquadratura, gesto e ritmo, forma e struttura, collettivo e individuale, risonanza e spazio, direzionalità e non-funzionalità.

La pratica del gioco del frisbee, il rito della processione e l’azione di documentazione dell’evento sono i tre contesti normativi entro i quali si articola il performativo.

L’azione segna un percorso avente un punto di partenza e di arrivo definiti. Venti processionanti scandiscono il loro passo con un gesto verticale del braccio, che tenendo un cimbalo mediante una corda, lo lasciano cadere a terra facendolo risuonare.

La processione è un movimento di attraversamento e di cambiamento. Con essa e in essa il tutto cambia. Caratterizzata da un movimento direzionato, essa trae la propria energia cinetica in funzione della meta da raggiungere (il bosco, un parco, un’area industriale/urbana etc.). Tuttavia, proprio per opera di questa direzionalità, onnipresente in ogni passo del processionante, si produce una sospensione della funzionalità dell’azione, e la processione si attualizza in un movimento a vuoto e autoconsistente.

Essa è evidentemente una potenza. Direzionata quanto basta per realizzarsi come potenza cinetica e non spaziale, si realizza piuttosto nella durata, in un processo di avanzamento direzionato e non-funzionale, rituale e ritmico e, solo in questo senso, collettivo.

Alla linearità della processione va sovrapponendosi, come un gesto di scrittura a mo’ di scarabocchio, un’azione di gioco il cui movimento è obliquo, a Z.

Il lancio del frisbee si interseca al rito della processione, e segnando dei movimenti aerei spezzati e bidirezionali, introduce una dinamica tipica del gioco: quella di ripiegarsi continuamente su se stesso, e di articolare il suo percorso in una serie di avanzamenti e di ritorni.

Una terza pratica, di tipo documentativo, interviene sulle altre fissando i possibili rapporti e confini. Gli strumenti utilizzati per la registrazione saranno: una Go-pro Cam, una Canon 60D, un registratore audio H4 zoom, e gli smartphone degli stessi partecipanti. Questi dispositivi verranno fatti circolare tra i partecipanti durante la performance in modo da rendere mobile il punto di vista, l’inquadratura e la durata dell’azione. I video prodotti, effetto del movimento di scambio dei dispositivi tra i partecipanti, in quanto in-consapevole registrazione dell’intreccio tra le differenti pratiche, racchiudono in sé, quantomeno a titolo simbolico, il senso del performativo.

In Getting Through “Child of Tree” il pubblico (inteso nella posizione di “semplice” spettatore) non c’è. Può esserci, ma non necessariamente deve esserci. I partecipanti all’azione sono giocatori o processionanti, o videomakers e infine, raggiunta la meta, qualcos’altro ancora, per loro scelta o inclinazione.

L’arrivo alla meta sancisce il passaggio a una fase idealmente e interamente indeterminata.

La meta emerge in quanto luogo della durata, supporto di pratiche collettive e individuali, spazio di sovrapposizione, di rappresentazione e di possibile de-ritualizzazione. In questa durata viene sperimentato il complesso e paradossale rapporto con la fine ( e dunque anche con l’inizio): la fine di un percorso, la fine di una performance, la fine di un rito. Il performativo si dispiega nella sua problematicità, nella sua portata etica ed estetica, reale.

Il performativo è ciò che accade, comunque.

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