Combinazione aleatoria

Combinazione aleatoria

Installazione, Morte, Gioco, Materiali vari, 420x200x180cm
Se l’installazione ha quale caratteristica precipua quella di avere come perno il fruitore, la sua presenza e la sua percezione, e quello di fare i conti con l’ambiente in cui si trova, è con questi due aspetti che Combinazione aleatoria fa i conti, mettendoli in gioco.
Giocare significa sviluppare e dettare delle regole, stabilire delle convenzioni come spiega Huizinga, e l’artista è qui presente nell’imposizione della convenzione di cui il gioco è espressione. Il fruitore è chiamato a consumare l’opera prelevando i pezzi, ma in un percorso obbligato, poiché è una combinazione quella in cui si muove; può cioè optare per una scelta dell’elemento sì, ma quest’ultimo è dato in un numero determinato nell’insieme: una mobilità coatta. E si gioca con il soldatino, dal momento che la guerra si consolida come convenzione nella prospettiva politica dell’essere umano.
Un piano di gioco è ciò che viene offerto:
si parte dalla pedana adattata allo spazio messo a disposizione dalla galleria.
Si passa poi alle bacheche, strutture che hanno un’eco antica, richiamando il luogo in cui un tempo i soldatini venivano riposti formando “la collezione”.
Si innesta un andirivieni tra ieri e oggi: il soldatino non resta figura fissa e immobile, ma da soldatino di gioco si fa richiamo del soldato alla guerra.
Il soldatino è presentato come timbro; ciò implica una riproducibilità dell’immagine e pertanto una spersonalizzazione dell’artista in quanto soggetto, ossia l’uno in grado di produrre l’unicum. La forma è ridotta all’essenziale e ciò serve all’immediatezza percettiva, data l’assenza del dettaglio. Il timbro è stato impresso, ma, appiattito dalla timbratura, il soldatino può comunque far leva sul suo volume, mantenuto proprio mediante la presentazione dell’oggetto da vari punti di vista.
Il gioco di Combinazione aleatoria prende il via dal lancio del dado, sulle cui facce è proposto uno di questi diversi punti di vista del soldatino.
La composizione della bacheca del giocatore assume un aspetto diverso tutte le volte in cui il caso, attraverso il lancio del dado, ha decretato la vincita del giocatore. È l’alea, il gioco che si fonda su una decisione che non dipende dal giocatore e sulla quale egli non può incidere; un gioco nel quale non si può vincere sul destino, ma solo aspettare il responso della sorte, sperando di essere l’eletto.
La scatola che il vincitore preleva è l’involucro e rappresenta il dono.
Ma di nuovo la convenzione della rappresentazione è rotta dall’apertura del contenitore: la vincita è il titolo Ansa, ossia la drammaticità della notizia che corre in un sottotitolo ed è sciolta in parole che restano nella visione e nella memoria per non sfuggire più; è lì la notizia, fissa e non più mobile. E in pari modo si resta fermi nell’evento e bloccati nell’hic et nunc.
Forte vuole essere il peso dell’attualità nell’opera e l’abolizione dell’astrazione. Non rappresentare, ma trasformare la realtà percepita è il fine di Combinazione aleatoria.
L’installazione è evento, nella misura in cui trattasi di un’esperienza della realtà vissuta e percepita da ciascuno in modo proprio. Il contrario dell’evento è l’esperienza convenzionale, subita ed esposta da tutti in egual maniera. L’evento si affida alle associazioni di ciascun fruitore, ma qui si va oltre: se il gioco è ciò che è canonizzato e l’evento è ciò che sfugge al canone, la sfida di Combinazione aleatoria è nel fare del gioco l’evento.


Katia Cappellini

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