Frammenti di vita privata
La matrice poetica del lavoro fotografico sostiene l’affermazione del corpo che è segno primario di un cambiamento. Il corpo che si racconta è un corpo vivo che urla, respira, geme; un corpo che mette in discussione se stesso, ponendosi il problema dell’identità.
Il corpo visibile o percepibile si conferma con ferite, cicatrici e bruciature. La materia corporale diviene linguaggio e segno fungendo da medium che “trasforma” l’immagine e ne conferma l’identità.
Il corpo fotografato è materiale plasmabile.
I tagli e le bruciature hanno valenza esclusivamente come scelta espressiva, niente a che fare con ciò che può essere transito tramite l’avvenimento di iniziazione.
L’idea di corpo è così rappresentata in Frammenti di vita privata come organismo che si divide, si sfalda e vive nell’eterna ricerca dell’autoricostruzione, dell’autoriappropriazione.
Come frammenti i corpi sono tracce, prove di una presenza.
Le cicatrici indelebili sono scelte di un pensiero che si aziona sulla pelle, mutandola, trasformandola e alterandola.
È così che il “corpo familiare” appare come un residuo che diviene traccia, presenza, taglio, segno.
I corpi sono contrastanti e complementari, i pieni divengono vuoti e racchiudono nell’irriconoscibile frammento l’affermazione e l’appartenenza al “complesso familiare”.
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