FORGIVEN BUT NOT FORGOTTEN
Affronto il groviglio identitario delle proprie appartenenze multiple, con un’estetica che risente dei modelli culturali dei vari territori da me attraversati, gioco con le icone dell’utopia, con l’immaginario della dusha (anima) russa e con la nostalgia per una vanità di paese; e riaffiora il ricordo di un desiderio esotico e proibito: la banana. Un desiderio che nella provincia dell’impero è inappagabile, perché Kyrgyzstan è troppo lontano da Mosca, la vetrina del cosmo sovietico, e indicibile, poiché borghese e corrotto. Falce e martello sono arrugginiti, appesi su faccia e collo come oggetti che nessuno usa più, vetrificati dalla patina del tempo. Dietro la sobria vanità contadinesca, che utilizza rape rosse come innocente surrogato cosmetico, si nasconde un’idea fissa: il perseguimento della felicità individuale. Il risultato, che si manifesta in fotografie, installazioni è la creazione/evocazione di situazioni che concernono sia il passato, la Storia, una storia filtrata da un’esperienza personale diretta, che un presente in cui la mia opera si inscrive aprendo all’Altro, che è il pubblico presente.
La molteplicità, frutto della frattura della separazione del dislocamento, sfidando l’esclusivismo monologico su cui si basano le identità nazionali e le appartenenze collettive. Riconoscimento di una inevitabile eterogeneità e diversità, dando forma ad una idea di identità che vive nella differenza e attraverso la differenza.
“L’identità non è solo being - un essere - ma è soprattuto becoming un divenire nel momento che essa continua ad emergere in risposta a diverse circostanze storiche” [Hall 2003]
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