Facciamo che io ero... una bambina
L’idea era di evocare l’infanzia attraverso il “gioco di ruolo” e l’uso di travestimenti.
La fotografia aveva lo scopo di documentare il percorso che avrebbe condotto donne, ormai mature e madri di famiglia, a riappropriarsi della propria immagine puerile.
Durante la performance, si è verificato, come previsto, un ribaltamento dei ruoli: al posto di vedere bambine che giocano “a fare le signore” un gruppo di signore giocava a “fare le bambine”. Gradualmente ci si è spogliate (anche fisicamente) della propria immagine adulta per cercare una diversa identità, esattamente come avrebbe fatto un fanciullo.
I ritratti che ne sono derivati testimoniano la volubilità della percezione del sé, in bilico fra la memoria adolescenziale di un’identità instabile e sempre in mutamento, la consapevolezza del proprio io e la necessità di un’immagine virtuale pubblica, omologata e impersonale.
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