RE(I)SPIRARE & SERVIRE
Respirare: fa fede la scoperta che, in un’improvvisa spinta in avanti, il freno si rompe. Immettere aria, filtrando brividi. L’inganno punge il viso, soccorso da plastica, cuoio, metallo e cresco. Transitare in treni senza trovare meta e poi… la meta ce l’hai sotto il naso. Una corsa che sgomenta l’affanno e scoppia in un fremito: andare a caccia di aria, ingoiarla, non buttarla via, farla scorrere, cementarla dietro un grosso filtro metallico che mi divide dall’esperienza. 24 ore di sospiri ingoiati, cercati, mai lasciati. Una distanza che diventa distacco da me stesso: mi guardo vivere immerso in un cumulo di vergogna.
Servire: detriti pesanti di PASSATO. Cercare un posto per poter vivere; accanirsi col giorno allorchè un giro di un commosso desiderio si scolora, e diventa un passato che ritorna. Quindi scherzarci su per poi razionalizzare, e Servire l’arte: uno dei più nobili gesti. Farlo seriamente, con garbo di gesti, in silenzio senza comunicare. Ripararmi dietro un atto che ho gestito per una vita intera e prende un senso se mi si nega la possibilità di poter essere quello che faccio.
Vincere non mi è mai piaciuto perché poi hai delle responsabilità, che si presentano a me, come soffi sulle dita: le responsabilità non cercate scaldano il culo della gente in vacanza e in cambio hai grossi sorrisi per stagisti di guerra, ma si sa che la guerra è un errore se la combatti ponendoti sui binari mentre passa un tram: eh si.. ti fai male.
Rubo poco a poco quello che ho deciso di alitare: mi son deciso ad Esserci qui e ora e quando andrò in paradiso mica voglio le campane?! Basta che piova fin che l’acqua tolga la merda che ho lasciato per strada, ma che non tolga almeno l’odore: tu dovrai respirarmi (ti darò fastidio) sotto un fanale di un tram.
PROGETTO
La performance rappresenta la situazione che si crea quando dei giovani artisti si trovano a dover rimanere con le mani conserte e “rispettare” delle posizioni che non sono loro consone.
Respirare Arte ,in un uno dei luoghi pregni di essa, e non poter agire, comporta la mutazione attraverso un affannoso desiderio di “fare”; l’utilizzo di un filtro per poter inspirare aria auto-selezionata ed ispirare se stessi.
Servire l’arte come il gesto massimo di un’impresa; lavorare come cameriere (formula assunta, non solo dal performer ,ma da tanti giovani artisti, per vivere) prende la forma di una denuncia verso un voler “esserci a tutti i costi” non dettato dagli artisti stessi. Il passaggio da borsisti a stagisti comporta una rivolta: catalogare se stessi in piccoli spazi di vita momentanea (che comprime e stride) rappresenta universalmente il concetto di stasi che i giovani vivono tutti i giorni. Rompere le corde che ci legano al rispetto silenzioso potrebbe rendere l’esperienza davvero interessante.
La performance è documentata attraverso foto e video.
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/ReIspirareServire
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