La prima volta che ti ho vista
Avevo un libro tra le mani quel giorno, “Il conte di Montecristo”. A scuola nessuno si era mai interessato particolarmente a me, ero considerata strana per quel mio essere solitaria e taciturna, poco avvezza ai giochi e agli scambi … io me ne stavo sempre in disparte persa tra le pagine come una regina tra i suoi abiti lussuosi. Tu ti sei avvicinata e mi hai chiesto cosa stavo leggendo con così tanta attenzione da non accorgermi di nulla intorno a me … delle urla nel cortile, di Primo che stava picchiando Andrea, delle bambine che lanciavano sassi giocando a campana. Ho alzato gli occhi stupita dal fatto che qualcuno potesse interessarsi a me. Le tue lentiggini, i capelli color rame e quella tua bocca rossa come una ciliegia. Mi sono sentita i tuoi occhi dentro.
E’iniziata così. Tanto tempo fa ormai. Ti ho amata da subito come tu fossi stata un libro. Negli anni abbiamo intrecciato storie scavando una nicchia nella parete di pietra del mondo. Nessuno ha fatto caso a noi per un po’. Poi – ed era troppo tardi per scollare la rilegatura delle nostre pagine- noi non abbiamo più fatto caso a nessuno. Alle voci malevole, ai tentativi di allontanarci.
Oggi, ti aspetto. All’entrata del giardino. C’è voluto un po’ per organizzare ogni cosa. Ma noi , abituate agli intrighi della letteratura, abbiamo stemperato l’ansia di una decisione estrema con il gioco del costruire una trama perfetta in tutte le sue parti. Ci vuole un piano, ci vuole sempre un piano. Per la fuga l’amore la vendetta. Come il conte di Montecristo. Ho addosso il frac preso di nascosto dall’armadio di mio fratello, prezioso dono di matrimonio di mia madre, confezionato dalle sue abili mani. Ho tagliato i capelli, fasciato i seni con bende di cotone. Il mio corpo esile in un abito da uomo fa di me uno sbarbato giovanotto. Ti aspetto. Così daremo meno nell’occhio … del resto dove mai potrebbero andare due donne sole?
Alzo gli occhi dai miei pensieri. Ti vedo arrivare, gli stessi capelli color rame di quel giorno. Mi sorridi.
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