Chutara
Il ‘costruire’ inteso come processo, di cui poco importa il risultato finale, ciò che conta è cercare di capire l’importanza delle relazioni, delle modalità di comunicazione, le abilità e le strategie che emergono dall’imput di modificare un territorio seguendo determinati bisogni chiaramente segnalati dalla popolazione locale.
L’area scelta è stato il villaggio di Duwakot, vicino all’Università di Kathmandu. Il villaggio, caratterizzato da un’ampia piazza con al centro il Chutara, l’albero sacro, era un’area verde mentre ora, a causa delle modifiche territoriali imposte dalle nuove aree di sviluppo circo- stanti, l’area si è trasformata in una zona polverosa e invivibile. Così ho deciso di partire dalla riqualificazione del Chutara, da qualche anno totalmente ricoperto da una piattaforma di cemento che le radici avevano col tempo deteriorato, impedendo alla popolazione di sedersi sul basamento del Chutara e di salirvi per pregare.
Ho voluto partire lavorando sull’albero, intendendo quindi il Chutara non solo come parte del progetto di riqualificazione territoriale, ma leggendolo soprattutto come spazio sociale. Il Chutara inteso come albero di preghiera, ma anche come luogo di ritrovo, di conversazione, di gioco. Decidendo di riqualificare l’albero, distruggendo il cemento e ritrasformandolo in area verde con una seduta di mattoni e un sentiero di sassi di fiume per salire e pregare a piedi nudi, la comunità ha ritrovato un senso di partecipazione e collettività che la costruzione (apparentemente funzionale) in cemento aveva disgregato. La comunità ha preso interamente possesso del processo di riqualificazione, prendendo così coscienza dei propri bisogni e delle proprie azioni. Loro mi guidavano nelle scelte, dandomi così la possibilità di imparare da loro, in un continuo processo di scambio.
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