#19

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Fotografia Digitale, Figura umana, Digitale, 100x70x3cm
Romania, Francia, Ungheria, Polonia, Italia: sono i paesi attraversati dal “Creole Performance Cycle”; Balletto Civile ha spostato periodicamente la sua sede, migrando da Cluj a Conques, da Budapest a Lódz, fino a Siena.
Ha portato con sé un bagaglio di tecniche e idee, che si sono subito trasformate in domande da fare ai luoghi, agli artisti incontrati, agli sguardi incrociati lungo la strada.
Il gioco dei ruoli e l’equilibrio dei poteri nella relazione fra gli artisti ha fatto emergere la fatica del comprendersi, l’urgenza di riflettere sull’identità e la necessità di trasformarla reciprocamente attraverso un confronto creativo.

Daniela Neri ha seguito le tappe di questo processo di trasformazione per conservarne le tracce in una serie di scatti fotografici, alcuni dei quali sono stati raccolti nel progetto Creolimage.

Un progetto da sviluppare accanto a quello che coinvolgeva gli artisti sul palco non poteva evitare il tentativo di proiettare il processo di creolizzazione nell’immagine fotografica.
Ciò significava, da una parte, documentare la trasformazione.
La fotografia in questo era portata ad assumere lo stile del reportage, la postura di un testimone che partecipa con lo sguardo alle dinamiche dell’incontro, si intrufola nella negoziazione, assiste alla creazione.
Testimoniare tuttavia non significa riportare la verità dei fatti, ma raccontarli da un punto di vista, necessariamente in connivenza con qualcuno.
Donandoci l’occhio del testimone, l’obiettivo della macchina fotografica ci chiede di prendere le parti di chi è coinvolto nel processo di creolizzazione, sentirne le tensioni. Gettandoci in mezzo alla contesa, ci pone accanto a qualcuno invitando a condividere l’attitudine e il bersaglio del suo sguardo.

Proiettare il processo di creolizzazione nell’immagine significava d’altra parte trasformare le forme della rappresentazione teatrale: pensare la fotografia come linguaggio che “parla” la scena, usa i suoi mezzi espressivi per fare altrimenti ciò che la scena fa mostrandosi.
La fotografia la spinge così verso la profondità del campo visivo, e ne prende il posto davanti allo spettatore, facendo scivolare quella porzione di mondo ritratto dalla “messa in scena” alla “messa in quadro”.
Quindi, se da una parte il processo di creolizzazione viene documentato, dall’altra la fotografia vi partecipa direttamente, per produrre visioni che imbrigliano le forze in gioco in un attimo, sulla superficie dell’immagine che è sempre sul punto di esplodere.

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