Archeologia della memoria di Claudio Argentiero
Ovunque le tracce dell’uomo si fanno presenti.
Immagino le figure, il baccano, i suoni, gli odori, le voci gridate.
Prospettive d’ombra avvolgono le cose,
camuffate dal putrido pantano.
Ancora, una luce radiosa penetra dai vetri infranti,
alcuni frammenti dei quali giacciono al suolo
a indicare il desolato abbandono.
L’iridescenza rifonde decoro alle cose,
che attendono un incerto destino.
Muri scrostati, scale interrotte, tavoli e sedie ancora in attesa,
armadi che racchiudono i ricordi e gli oggetti di chi, per molto tempo,
li ha posseduti, usati, guardati intimamente ogni giorno.
La natura, una volta orgogliosa, si riprende confusa i suoi spazi,
mascherando l’inerte cemento.
Frammenti di storia recente, in un territorio ferito,
cosparso di assenti presenze.
Luoghi scordati anche da chi li ha vissuti, negli stenti quotidiani.
Il solo ricordo, una volta perse le tracce di chi li ha veduti
crescere e morire, è affidato alla memoria, anche fotografica.
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