Racconti del cellulare

Il progetto nasce dal comune intento dei tre autori di fotografare frammenti della vita della metropoli giapponese scegliendo come guida una ragazzina liceale con velleità letterarie (un’autrice di “Racconti del cellulare”) attraverso cui districarsi nel groviglio di persone, di strade e di situazioni che Tokyo presenta tutti i giorni.
La scelta di tale guida è legata al fatto che l’ideatore del progetto ha affrontato in prima persona il tema della creazione di community on line attraverso il cellulare, fenomeno che parallelamente investe anche altri ambiti quali il problema della commistione dello spazio pubblico e privato nell’esperienza della città e la frammentazione dell’io in un’identità reale e virtuale. Ne risulta la formazione di un’identità complessa che viene mantenuta grazie al cellulare, il medium, che diventa una sorta di bussola di orientamento, uno strumento attraverso cui è possibile riconoscersi nelle parole e nelle azioni che gli altri ci trasmettono con la loro partecipazione alla nostra attività virtuale. Il rifugio nello spazio della community rappresenta una vera e propria fuga dalla realtà che appare alla studentessa ostica e dolorosa. Alla base di questa fuga c’è un evento tragico, una delusione amorosa o un’incompatibilità di fondo con il mondo reale, legata a una crisi generazionale. La ragazzina liceale ha l’intento di scrivere le sue esperienze attraverso un racconto a puntate che le permette di inquadrare meglio la situazione che sta vivendo; inoltre mediante i commenti e i suggerimenti di chi la segue- non si tratta di semplici lettori ma di complici- tenta di guarire le ferite del cuore e porsi con uno spirito più combattivo nei confronti del reale che assorbe solo una parte della sua attenzione dedicata in modo preponderante alla sua attività nell’universo virtuale.
Al centro di tutto c’è il cellulare, medium alla McLuhan, inteso come estensione sensoriale del corpo e veicolo attraverso il quale si sviluppa una nuova sensibilità nei confronti dell’altro, rappresentato dalla figura dell’Intimate Stranger delle bacheche on line che trascende la realtà e dimora nell’insondabile spazio della rete.
Attraverso il processo di composizione dei “Racconti del cellulare” è possibile ricostruire la continuità delle esperienze sensoriali e virtuali in un quadro coerente dove lo spazio pubblico e lo spazio privato si confondono in un quadro liquido e inatteso.


Il progetto consta di una commistione di illustrazioni, video e esperienze immersive nella frastornante città. I video (completamente creati e montati con l’utilizzo di un dispositivo cellulare) e le illustrazioni sono realizzati attraverso l’analisi e l’elaborazione dei contenuti che l’ideatore del progetto ha raccolto mediante l’intervista a Keitai Shosetuska (scrittrici di “Racconti del cellulare”) nel 2012: la protagonista Mai quindi non esiste in realtà ma vive in funzione delle loro testimonianze. Nell’opera si tenta di ricostruire il processo attraverso cui Mai trova la forza di superare e risolvere la separazione da Riku. Lo spazio virtuale in cui si rifugia Mai e la sua attività di scrittrice la portano ad evadere dalla realtà: la funzione terapeutica dei “Racconti del cellulare” cura lo spirito nella ragazza ma ha imprescindibili conseguenze sulla sua esperienza reale. La dicotomia fra video e illustrazioni ha lo scopo di mostrare la complessità delle combinazioni di reale/virtuale, privato/pubblico che si alternano nell’esperienza di Keitai Shosetuka. Così lo spirito di Mai che riesce ad abbandonare ad intermittenza i panni da liceale rifugiandosi in un mondo virtuale a lei congeniale, si trova però a dover fare i conti con la sua corporeità nello spazio reale: la necessità di comunicare la sua storia e curare la sua anima adeguandosi alla rapidità con cui si intessono le relazioni sulla rete, la porta inevitabilmente ad infliggere ferite al suo corpo (l’incessante digitare sui tasti del cellulare provoca lacerazioni alle dita).
Sullo sfondo la città impietosa fatta di rumore e frastuono: la città schiamazzante zittisce i rumori del singolo e lo soffoca nell’intenzione di mantenere un’armonia apparente. Una metropoli che inghiotte la possibilità delle persone di interagire e comunicare facendole fuggire nella solitudine dell’anonimato o in spazi insondabili e quindi difficilmente controllabili che si ritagliano in questa generale assenza di comunicazione negli spazi pubblici della metropoli








































































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